SUPERBONUS E TRUFFA AGGRAVATA: SI PRONUNCIA LA CASSAZIONE

Con la sentenza n. 45868, depositata il 13 dicembre 2024, la Corte di Cassazione ha fornito una rilevante precisazione giurisprudenziale in materia di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, in relazione alla generazione fraudolenta di crediti d’imposta fittizi legati alle agevolazioni fiscali previste dall’art. 121 del D.L. n. 34/2020 (cd. Decreto Rilancio), meglio noto per il meccanismo del superbonus 110%. Secondo i giudici di legittimità, il reato si consuma con la sola creazione del credito inesistente mediante l’opzione per la cessione a terzi, indipendentemente dal suo successivo utilizzo in compensazione o monetizzazione.

Il caso oggetto del ricorso

La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Messina che respingeva la richiesta di riesame (ex art. 309 c.p.p.) avanzata da un indagato sottoposto agli arresti domiciliari. L’imputazione concerneva gravi indizi di colpevolezza per una pluralità di reati, tra cui:

  • Associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe aggravate per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falsi, indebita compensazione e autoriciclaggio;
  • Truffe aggravate in concorso per il conseguimento di erogazioni pubbliche;
  • Autoriciclaggio in concorso.

L’indagato proponeva ricorso per cassazione articolato in sei motivi di diritto, dei quali la Corte ha ritenuto rilevante, in questa sede, esclusivamente quello attinente al delitto di truffa aggravata ex art. 640-bis c.p.

L’eccezione difensiva

Nel ricorso, la difesa ha sollevato una questione centrale: l’assenza dell’elemento del danno patrimoniale a carico dello Stato, requisito imprescindibile per la configurabilità del delitto di truffa aggravata. Secondo il ricorrente, il solo fatto di aver generato un credito d’imposta inesistente non sarebbe sufficiente a integrare il reato, in mancanza della sua effettiva monetizzazione o compensazione. Parte dei crediti, inoltre, non erano stati oggetto di contestazione in quanto utilizzati, bensì per la loro mera esistenza. Ne deriverebbe, a detta della difesa, un difetto strutturale del danno concreto, essendo la lesione economica solo potenziale.

La decisione della Suprema Corte

La Corte ha rigettato il ricorso, affermando un principio di diritto di rilievo sistemico. I giudici hanno precisato che la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, nei casi di indebita generazione di crediti fiscali, si perfeziona con la sola creazione del credito mediante l’esercizio dell’opzione per la cessione a terzi. Tale opzione, prevista dall’art. 121, comma 1, lett. b), del D.L. n. 34/2020, è sufficiente a integrare il reato, a prescindere dall’effettivo utilizzo o cessione del credito.

Il Collegio ha altresì evidenziato che i crediti in questione, sebbene rimasti nel cassetto fiscale, erano privi di qualsiasi fondamento giuridico, essendo correlati a detrazioni maturate in totale assenza dei presupposti previsti dalla normativa di riferimento, ossia senza il compimento delle opere agevolabili.

Il sistema del superbonus e le modalità fraudolente

Richiamando la struttura normativa del superbonus 110%, la Cassazione ha ribadito che l’agevolazione fiscale è subordinata al possesso di documentazione certificativa: visto di conformità, asseverazione tecnica e congruità delle spese. La comunicazione dell’opzione di sconto in fattura o cessione del credito deve avvenire per via telematica, con la mediazione di soggetti abilitati. In assenza di tali condizioni, l’esercizio dell’opzione configura una condotta fraudolenta.

Nel caso in esame, l’indagato avrebbe ottenuto illecitamente l’attestazione dei requisiti per detrazioni non spettanti, simulando la realizzazione degli interventi edilizi e generando così crediti del tutto privi di fondamento economico e giuridico.

Il danno per lo Stato e la consumazione del reato

La Suprema Corte ha chiarito che il danno per lo Stato non va inteso solo come fuoriuscita materiale di risorse pubbliche, ma anche come sviamento dei fondi rispetto alla loro destinazione legittima. In questo contesto, già la creazione del credito fittizio — in quanto suscettibile di cessione o utilizzo — rappresenta un rischio concreto per il patrimonio pubblico e produce un danno attuale e ingiusto, coerente con la fattispecie dell’art. 640-bis c.p.

Tale impostazione, ha osservato la Corte, segna un evidente revirement rispetto a precedenti orientamenti (cfr. Cass. n. 23402/2024), secondo cui il reato si consumava solo con la riscossione o la compensazione del credito fittizio.

Conclusioni

La sentenza in commento segna un punto di svolta nell’interpretazione del momento consumativo della truffa contrattuale nel contesto delle agevolazioni fiscali. La Corte, valorizzando l’atto fraudolento della creazione del credito quale fonte di immediato danno allo Stato, ha esteso la soglia penalmente rilevante della condotta a una fase precedente rispetto a quella finora maggiormente considerata dalla giurisprudenza. Tale lettura si inserisce in una cornice più ampia di tutela della finanza pubblica e rafforza l’efficacia preventiva degli strumenti penali nei confronti delle frodi nel settore dei bonus edilizi.