IL PIANO NAZIONALE RADON: GLI ADEMPIMENTI E GLI INTERVENTI DI RISANAMENTO NEGLI EDIFICI
Il nuovo Piano nazionale d’azione radon per il decennio 2023-2032 è stato adottato con il Dpcm dell’11 gennaio 2024 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 43 del 21 febbraio 2024. La normativa richiede la misurazione del gas radon negli edifici utilizzando dosimetri e l’intervento edilizio di risanamento se i livelli di sicurezza non sono rispettati. In questo caso, è necessario il supporto di un professionista qualificato (geometra, ingegnere, architetto o perito edile iscritto all’ordine professionale). Il Piano sarà aggiornato ogni 10 anni per garantire la salute e la sicurezza pubblica.
Il radon è un gas invisibile e inodore, diffuso in natura grazie al decadimento dell’uranio presente nel sottosuolo e nelle rocce. Anche se la sua presenza nell’aria è generalmente innocua, la situazione cambia in ambienti chiusi, dove passiamo circa il 90% del nostro tempo: qui, infatti, il livello di radon può diventare pericolosamente elevato. Il rischio per la salute, in questi casi, è notevole e l’Istituto Superiore di Sanità ha stabilito che circa il 10% dei tumori ai polmoni che affliggono l’Italia ogni anno è attribuibile al radon indoor. La protezione dalle radiazioni ionizzanti negli spazi domestici e lavorativi è una priorità nazionale ed è stata imposta dalla direttiva europea 2013/59/EURATOM, recepita con i decreti legislativi 101/2020 e 203/2022.
La progettazione degli edifici sta diventando sempre più attenta alle normative vigenti, incluso il gas radon. Il Ministero della Transizione Ecologica, in linea con il Codice degli appalti, ha emesso un nuovo decreto che impone criteri ambientali minimi per l’edilizia e richiede l’adozione di soluzioni di mitigazione e controllo del radon. Inoltre, il principio Do No Significant Harm impone misure di prevenzione e riduzione dell’inquinamento nei piani di ripresa e resilienza nazionali, in linea con gli obiettivi di sostenibilità ambientale. Pertanto, la progettazione degli edifici richiederà un’attenta valutazione dell’impatto dell’intervento sul rischio radon, nonché la validità delle soluzioni adottate, tramite prove di verifica ante e post operam.
Il radon, membro dell’esclusiva famiglia dei nobili gas radioattivi, è un elemento naturale che, invece, non fa i capricci dei sensi umani poiché è privo di colore, odore e sapore. L’elemento proviene dal processo di decadimento nucleare del radio, che a sua volta si origina dall’uranio presente fin dalla notte dei tempi in quantità variabile in tutto il suolo terrestre. Il radon e i suoi discendenti radioattivi rappresentano un grave pericolo a causa delle radiazioni alfa che emettono, in grado di provocare danni irreparabili al nostro organismo. Se persiste in ambienti chiusi e viene inalato, può addirittura attaccarsi alle superfici dei tessuti polmonari e danneggiare la struttura stessa della cellula, generando effetti degenerativi di tipo cancerogeno. La sua combinazione con il fumo di tabacco può aumentare notevolmente il rischio di contrarre il cancro ai polmoni. Secondo gli studi effettuati, se la concentrazione di radon e la durata dell’esposizione sono uguali, il rischio di sviluppare tumori polmonari è circa 25 volte superiore nei fumatori rispetto ai non fumatori.
Una ricerca epidemiologica pubblicata su The Lancet (Volume 335, numero 8696, O 1008-1012, Aprile 1990) ha recentemente dimostrato una correlazione diretta tra l’esposizione al radon e l’incidenza di leucemia mieloide, cancro ai reni, melanoma e alcune forme di tumori infantili. L’ISS ha anche riportato che uno studio epidemiologico condotto in Italia (pubblicato sull’International Journal of Cancer) ha scoperto che l’aumento di rischio causato dal radon è maggiormente presente in individui che seguono una dieta povera di alimenti antiossidanti.
Il radon ha varie fonti tra cui il suolo, i materiali da costruzione e l’acqua, e il rapporto del Comitato Scientifico delle Nazioni Unite sugli Effetti della Radiazione Atomica (UNSCEAR) del 2000 ha stimato che il contributo dei materiali da costruzione alla concentrazione media mondiale di radon nelle abitazioni sia tra il 15-20%, mentre il suolo contribuisce tra il 40-70%.
Il radon, prodotto naturalmente dal suolo, può infiltrarsi negli edifici attraverso diverse vie. La sua quantità dipende dal contenuto di uranio e radio presenti nelle rocce e nel terreno circostante, ma anche dai materiali utilizzati in edilizia, che pur in misura minore possono rappresentare fonti di radon indoor. Graniti, porfidi e il tufo sono solo alcuni esempi di materiali con alte concentrazioni di uranio.
In particolare, l’ingresso del radon negli edifici avviene attraverso processi come la diffusione, la convezione e il trasporto da parte di un fluido. La diffusione, regolata dalla legge di Fick, si verifica quando due volumi d’aria con concentrazioni di gas differenti tendono all’equilibrio. La convezione, invece, dipende dalla differenza di temperatura, che genera una differenza di pressione e può portare l’edificio in depressione, facilitando lo spostamento di aria dal suolo all’interno. Questo fenomeno si accentua nelle stagioni più fredde.
Da notare che la concentrazione di gas radon può variare nel tempo e nello spazio, in base a diversi fattori come la posizione geografica, l’elevazione rispetto al suolo e il passare delle ore e delle stagioni. Inoltre, il radon può infiltrarsi anche attraverso l’acqua, essendo altamente solubile a basse temperature. È quindi importante monitorare costantemente la presenza di radon negli edifici e adottare le opportune misure di prevenzione per tutelare la salute degli abitanti.
L’Italia, presenta la maggiore concentrazione di gas radon in Europa. Questo elemento radioattivo raggiunge i picchi più elevati nelle zone prealpine e preappenniniche, dove le rocce sono costituite principalmente da graniti e tufo. Anche le aree vulcaniche sono considerate a rischio elevato del radon grazie al processo di vetrificazione delle rocce laviche che permette una facile permeabilità del gas dalle profondità del sottosuolo.
Ulteriori cause, quali la natura degli edifici e le abitudini di vita degli occupanti, possono influire sulla presenza del pericoloso gas radon. In particolare, l’attacco a terra dell’edificio ha una forte influenza sulla concentrazione di radon all’interno. La combinazione di questi fattori altamente variabili contribuisce a una distribuzione dello spazio altamente differenziata della concentrazione di radon, principalmente governata dalla geo litologia locale. Ad esempio, i terreni argillosi ad alta umidità agiscono come una barriera naturale alla diffusione del radon, trattenendolo nel sottosuolo e riducendo così il rischio di esposizione umana.
Inoltre, anche nei singoli edifici simili e vicini tra loro, è possibile riscontrare forti differenze nella concentrazione di radon. Gli edifici con molte vie di ingresso presentano livelli di radon più elevati ai piani inferiori, ma la presenza del gas non è esclusa ai piani superiori. I locali a diretto contatto con il suolo, come cantine, scantinati, taverne e garage, o gli immobili oggetto di riqualificazione energetica scarsamente ventilati sono i più suscettibili alla presenza di radon.
Sappiamo che non è possibile eliminare completamente il radon dalla vita quotidiana, ma possiamo agire per abbassarne la concentrazione sotto la soglia di pericolo, in modo da garantire la massima sicurezza per le persone che frequentano gli spazi interni.
In Italia, il livello di radon varia da un minimo di pochi Bq/m3 fino ad arrivare a valori esorbitanti, che raggiungono le vette di migliaia di Bq/m3. Che si tratti di case, uffici, scuole o case di riposo, ogni singola struttura ha il proprio tasso di concentrazione, sempre differente e sempre da tenere sotto controllo.
COME DI MISURA
Il gas radon può rivelare la sua presenza nell’ambiente indoor grazie a diverse tecniche di misurazione. Tuttavia, tra le opzioni disponibili, la più diffusa e conveniente in termini di costo è l’uso di dosimetri passivi CR39. Questi piccoli dispositivi vanno posizionati negli ambienti da esaminare e analizzati da laboratori accreditati, nonché da Agenzie di Protezione Ambientale e l’Enea, organizzazioni che rilasciano una certificazione ufficiale.
Tuttavia, a causa delle molteplici variabili – come la stagione (estate o inverno), le condizioni climatiche (notte o giorno) che influenzano la concentrazione di radon nell’ambiente – la misurazione deve durare un anno intero diviso in due semestri consecutivi. In ogni caso, per le rilevazioni nelle abitazioni, occorre privilegiare gli ambienti a maggiore permanenza utilizzati dagli occupanti (come la camera da letto, il soggiorno o la stanza dei bambini).
L’Europa ha stabilito dei livelli di riferimento per la concentrazione del radon indoor nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro, che sono stati recepiti in Italia dal Decreto Legislativo 101/2020 e smi. La concentrazione media annuale non deve superare i 300 Bq/m3.
Nel caso in cui le misure preventive in ambito lavorativo non siano sufficienti, è necessario effettuare una valutazione dell’esposizione o della dose efficace dei lavoratori. Qualora tali valori superino il limite di 6 mSv/anno (o l’equivalente esposizione al radon), si tratta di una situazione di esposizione programmata. Ovviamente, queste misure rientrano tra gli obblighi previsti dal D.Lgs 81/08 e smi, pertanto le relazioni sulle misurazioni del radon devono essere incluse nel documento di valutazione dei rischi (DVR, articolo 17 del D.lgs. del 9 aprile 2008, n. 81).
Le disposizioni contenute nella Sezione II “Esposizione al radon nei luoghi di lavoro” si applicano a diverse tipologie di luoghi di lavoro, tra cui quelli sotterranei, i locali semi-sotterranei o situati al piano terra nelle aree designate come “prioritarie”, alcuni tipi di luoghi di lavoro identificati nel Piano nazionale d’azione per il radon e gli stabilimenti termali. È stato stabilito che queste disposizioni sono essenziali per garantire la sicurezza sul posto di lavoro, e devono essere rispettate in ogni contesto lavorativo in cui il radon può rappresentare un rischio.
COME SI PROCEDE NEI LUOGHI DI LAVORO E NELLE ABITAZIONI
– Chi gestisce il luogo o lo occupa (se si tratta di un’abitazione) deve essere responsabile del corretto utilizzo dei dispositivi di misurazione durante i periodi di campionamento.
– Ogni dispositivo di misurazione deve essere chiaramente associato a un punto di rilevamento.
– Per i luoghi di lavoro, le misurazioni devono essere effettuate in ogni ambiente separato. Tuttavia, se ci sono molte stanze simili (in termini di struttura, utilizzo e ventilazione), è possibile campionarne solo una parte (ma non meno del 50%). Se il livello di riferimento viene superato in almeno una stanza, tutte le altre stanze dovranno essere controllate.
– Nei locali con una superficie inferiore o uguale a 100 mq, è necessario identificare almeno un punto di rilevamento ogni 50 mq (o frazione). Nei locali più grandi di 100 mq, è necessario identificarne almeno uno ogni 100 mq (o frazione).
– Se stiamo parlando di gallerie, sottopassi, catacombe, grotte o metropolitane (cioè luoghi identificati dal Piano nazionale d’azione per il radon), le misurazioni devono essere eseguite preferibilmente in posizioni frequentate dagli operatori. In questi casi, inoltre, si dovranno utilizzare tecniche di rilevamento adatte alle condizioni microclimatiche dei singoli ambienti.
Questa analisi deve essere condotta entro 24 mesi dall’avvio dell’attività o dalla definizione delle aree a rischio.
Per quanto riguarda i luoghi di lavoro, le misurazioni della concentrazione di Radon devono essere effettuate ogni volta che si eseguono interventi strutturali o di isolamento termico. Se il valore di concentrazione è inferiore a 300 Bq/m3, le misurazioni devono essere ripetute ogni 8 anni. Tuttavia, se il livello di concentrazione supera il livello di riferimento di 300 Bq/m3, devono essere adottate misure correttive entro due anni per abbassare il valore al di sotto del limite di riferimento. La successiva valutazione della concentrazione viene condotta per valutare l’efficacia delle misure corrective e, se il livello risultante è inferiore a 300 Bq/m3, le misurazioni vengono ripetute ogni 4 anni. Nel caso in cui il valore rimanga elevato, è necessario eseguire una valutazione delle dosi efficaci annue da un esperto in radioprotezione, con un limite di riferimento di 6 mSv annui.
Per valutare la concentrazione di Radon in un’abitazione, è sufficiente effettuare le misurazioni in almeno una stanza, ma è preferibile privilegiare le camere da letto e i piani inferiori.
A partire dal 1 gennaio 2025, gli edifici dovranno essere progettati tenendo conto del gas radon e delle conseguenze potenzialmente dannose che ne derivano. Sarà necessario prevedere un’adeguata isolazione del suolo per garantire concentrazioni di gas radon inferiori o uguali a 200 Bq/mc. L’adozione di criteri adeguati già in fase di progettazione o costruzione del nuovo edificio avrà costi decisamente più contenuti rispetto ad eventuali interventi successivi di mitigazione su edifici esistenti.
Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato come l’aumento della concentrazione di gas radon aumenti il rischio di sviluppare il tumore polmonare del 16% ogni 100 Bq/m3. Questo rischio supera la media statistica del tumore polmonare, il che rende ancora più importante l’intervento dei tecnici designati dal Decreto per ridurre l’esposizione della popolazione.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha già stabilito un livello di riferimento massimo di 100 Bq/m3 ma, volendo garantire la sicurezza e il benessere dei cittadini, sarebbe opportuno puntare al raggiungimento di concentrazioni ancora più basse possibili.
In questo quadro, diventa essenziale la figura dell’esperto in interventi di risanamento del gas radon, per garantire la corretta attuazione degli interventi necessari a proteggere la salute dei cittadini e prevenire il tumore polmonare.
Le mansioni di intervenire sul problema del radon sono state affidate al professionista esperto in risanamento, appartenente all’Albo degli architetti, geometri, ingegneri e periti, munito di abilitazione specifica per la progettazione di edifici e che abbia frequentato un corso di 60 ore riguardante la pianificazione, l’attuazione, la gestione e il controllo degli interventi correttivi per la riduzione della presenza di radon negli edifici, con l’obbligo di formarsi nuovamente ogni tre anni.
Tra le sue competenze, vi è l’individuazione delle fonti di accesso del gas radon all’interno degli edifici e l’analisi delle soluzioni correttive necessarie per abbassare la concentrazione del gas al di sotto dei limiti previsti.
INTERVENTI EDILI PER PREVENIRE E RIDURRE IL GAS RADON
La selezione del metodo più adatto dipende da molteplici fattori e richiede un coinvolgimento completo di tutte le parti interessate (proprietari, occupanti, imprese), con un bilanciamento tra l’efficacia di rimozione del radon, i costi di installazione e manutenzione, la semplicità di manutenzione e la durata del sistema impiegato.
Esistono tecniche passive e attive.
Le tecniche passive includono:
– Sigillare le fessure e le intercapedini o isolare la struttura;
– Ventilazione naturale del locale seminterrato/interrato;
– Ventilazione naturale del vespaio o del terreno sotto la soletta in terra.
Le tecniche attive includono:
– Pressurizzare/depressurizzare il suolo/vespaio;
– Ventilazione meccanica dei locali (pressurizzazione dell’intero edificio).
I metodi di risanamento più efficaci per contrastare il radon appartengono alla categoria degli interventi attivi di depressurizzazione del suolo, tra cui spiccano la depressurizzazione attiva sotto soletta e il pozzo radon. Questi interventi prevedono l’utilizzo di aspiratori e garantiscono efficienze di risanamento elevatissime, che possono arrivare fino al 90% di mitigazione. Sono particolarmente indicati per livelli di radon molto alti, anche superiori ai 2000 Bq/m3. In alternativa, si può optare per la pressurizzazione dell’edificio: attraverso una pressione positiva interna, il radon viene impedito dall’ingresso. Questo metodo richiede la presenza di un ventilatore per garantire una corretta circolazione dell’aria. Tuttavia, per abbassare i livelli di radon in modo efficace è fondamentale affidarsi a professionisti esperti. Gli interventi possono partire da piccole azioni preventive per poi evolversi gradualmente in progetti complessi che richiedono monitoraggio e manutenzione costanti.
Se si sta progettando una nuova costruzione, i costi per il controllo del gas radon possono essere notevolmente ridotti grazie ad azioni mirate sin dalla fase di costruzione. Creare un sistema di areazione naturale utilizzando un vespaio è un’alternativa economica e non invasiva, con aperture posizionate sui lati opposti dell’edificio.
Questo metodo (vedi immagine) può essere facilmente integrato con una barriera anti-radon in PE ad alta densità o l’uso di guaine bituminose prefabbricate o liquide posizionate sotto il massetto di sottofondo o lo strato isolante. È fondamentale che la barriera sia sigillata in modo accurato, incluso sui lati verticali.
Numerosi studi scientifici, tra cui uno recentemente condotto dai ricercatori di NUIG, hanno messo in luce l’effetto delle nuove tecnologie adottate negli edifici per garantire una maggiore efficienza energetica: tali misure sembrano, infatti, aumentare esponenzialmente la presenza di radon, elemento potenzialmente nocivo alla salute umana. Per questo motivo, il legislatore ha stilato precise linee guida per garantire la protezione delle persone all’interno delle abitazioni, promuovendo un coordinamento sinergico tra le misure di prevenzione energetica, il radon e la qualità dell’aria indoor.
Da questo momento in poi, qualsiasi azione volta all’efficientamento energetico degli edifici dovrà considerare il radon, in modo da garantire non solo un miglioramento dal punto di vista energetico, ma anche una riduzione dell’esposizione a questo gas nocivo.
Al fine di realizzare questi lavori in modo efficace, è stato istituito un fondo da 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2031, in seguito al D.lgs. 13 giugno 2023 n.69 art.8. Tale processo deve essere effettuato tramite una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) presso il Comune competente, con conseguenti responsabilità del progettista, del direttore dei lavori e del proprietario in merito alla dichiarazione di agibilità ai sensi dell’art.24 del Testo Unico dell’Edilizia 380/2001.
IL PIANO NAZIONALE RADON
Il Piano Nazionale d’Azione per il Radon 2023-2032 ha come obiettivo primario quello di ridurre i casi di tumore polmonare causati dall’esposizione al gas radon e ai suoi prodotti di decadimento, garantendo la salubrità degli edifici e la salute della popolazione.Il Piano è costruito intorno a tre fondamentali linee guida: mappatura, informazione e legislazione ad hoc. Alla luce del D.lgs. N.101/2020 e n. 2023/2023, che rispondono alla direttiva Euratom, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano verranno incaricate di identificare le “aree prioritarie”, definite come zone in cui il livello di riferimento di 300 Bq/mc viene superato in almeno il 15% degli edifici. Saranno definite anche le priorità di intervento all’interno di queste aree speciali.
L’elenco delle aree prioritarie sarà pubblicato da ogni regione e provincia autonoma sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (GURI) e verrà aggiornato di volta in volta in base ai risultati delle nuove indagini o alle modifiche dei criteri. Il Piano definisce criteri precisi per la mappatura dell’intero territorio nazionale, utilizzando metodologie uniformi e definendo una mappatura della radioattività naturale potenziale basata sulla geologia.
Attualmente, le Regioni che hanno già identificato le aree prioritarie sono la Lombardia, il Piemonte e la Sardegna.
Tra gli altri punti cruciali del Piano Nazionale, si prevede di ridurre del 50% la concentrazione di radon in almeno il 50% degli edifici pubblici residenziali nelle aree prioritariamente interessate. Saranno dati maggiori adeguatezza alle abitazioni in cui la concentrazione di radon supera i 300 Bq/m3, ma saranno prese in considerazione anche quelle che superano i 200 Bq/m3. Inoltre, verrà verificato che gli edifici successivi al 31 dicembre 2024 non superino una concentrazione di radon di 200 Bq/m3.
Le sezioni 2.1 e 2.2 del documento si concentrano sulle metodologie di intervento per prevenire o eliminare l’inquinamento da radon, sia in edifici già esistenti che in quelli di nuova costruzione. Queste tecniche rappresentano un’arma potente per i professionisti che mirano a raggiungere i migliori risultati ambientali e di efficienza energetica possibile.
Il monitoraggio del piano è affidato all’Osservatorio nazionale radon, un organo che coinvolge le autorità competenti nel settore, responsabile della supervisione delle azioni previste dal piano, verificandone l’effettiva attuazione.
Ci sarebbero circa 800.000 case che potrebbero essere soggette alla presenza del gas radon, tuttavia, le statistiche ufficiali più recenti risalgono agli anni ’80. Considerando che le concentrazioni di radon possono peggiorare con le attività di efficienza energetica, il numero di case che necessitano di interventi è probabilmente in aumento. Tuttavia, per rendere il Piano efficace, è fondamentale che la popolazione venga sensibilizzata, e vengano forniti incentivi per promuovere la responsabilità individuale nella gestione dei rischi legati al radon.
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