IL FOTOVOLTAICO E’ UNA EVOLUZIONE DELLO STILE COSTRUTTIVO E NON UN ELEMENTO DI DISTURBO VISIVO.LA SENTENZA

fotovoltaico nei centri storici

Secondo i giudici del Tar Abruzzo, la Soprintendenza deve tenere conto dell’evoluzione della normativa e del sentire comune

I pannelli fotovoltaici installati sui tetti non possono essere considerati di per sé un fattore di disturbo visivo o una minaccia all’aspetto tradizionale dei luoghi. Al contrario, sono tecnologie ormai considerate come elementi normali del paesaggio e percepite come un’evoluzione dello stile costruttivo accettata dall’ordinamento e dalla sensibilità collettiva. Inoltre, l’installazione del fotovoltaico è incentivata dal nostro ordinamento, che la considera come un’opera di pubblica utilità. Di tale evoluzione, della normativa e della sensibilità comune, deve tener conto la soprintendenza chiamata ad esprimersi in caso di vincolo paesaggistico, ricordando che le eventuali motivazioni di un diniego, anche parziale, devono essere mosse da una motivazione stringente che metta sulla bilancia, insieme alla tutela del paesaggio anche le esigenze di sostenibilità energetica.

Lo ha affermato il Tar Abruzzo nella sentenza numero 214 del 2023. Al centro della pronuncia, la richiesta di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Pacentro (L’Aquila) e del relativo provvedimento della soprintendenza Archeologica, belle arti e paesaggio, nella parte in cui si prescrive che i «pannelli fotovoltaici non siano installati sulla falda di copertura».

Il caso è stato sottoposto al Tribunale Amministrativo regionale, riguarda l’intervento di manutenzione straordinaria, di un fabbricato di tre livelli coperto da una falda unica inclinata e coperta da un manto in coppi di laterizio da un condominio intenzionato ad eseguire una serie di lavori di efficientamento agevolabili con il Superbonus, tra i quali anche l’installazione di tre impianti fotovoltaici in copertura per un totale di 60 pannelli.

L’impianto prescelto non è riflettente e sarebbe stato installato a livello delle tegole, riprendendo il colore stesso della copertura. Il problema però è che l’edificio si trova in una zona soggetta a tutela paesaggistica, interna al Parco nazionale della Majella (art. 136, comma 1, lettere c) e d) del Dlgs 42 del 2004).

Secondo la giurisprudenza – viene ricordato nella sentenza – il diniego, anche parziale, dell’autorizzazione paesaggistica deve contenere una sufficiente illustrazione delle particolari ragioni per le quali si ritiene che un’opera non sia idonea a inserirsi nell’ambiente. Tale valutazione deve comprendere l’esame delle caratteristiche concrete dell’opera da realizzare e l’individuazione analitica degli elementi di contrasto con il vincolo da tutelare. 

La legge, affermano i giudici amministrativi, si esprime a favore dell’installazione dei pannelli fotovoltaici, potendo essi stessi concorrere, indirettamente, alla salvaguardia degli stessi valori paesaggistici. Dunque, si legge nella sentenza: «La valutazione richiesta ai fini della tutela del vincolo paesaggistico non può, di conseguenza, ridursi all’esame dell’ordinaria contrapposizione tra l’interesse pubblico e quello privato, ma deve farsi carico di tutti gli interessi pubblici coinvolti e favorire la soluzione che consenta, dove possibile, la realizzazione dell’intervento con il minor sacrificio dell’interesse paesaggistico nella sua declinazione meramente estetica».

«Difatti – proseguono i giudici -, l’impiego di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili è qualificato dalla legislazione vigente come opera di pubblica utilità ed è incentivato dalla legge in vista del perseguimento di preminenti finalità pubblicistiche correlate alla difesa dell’ambiente e dell’ecosistema, sicché le motivazioni del diniego devono essere particolarmente stringenti». «È stato altresì rimarcato in giurisprudenza che il favor legislativo per le fonti energetiche rinnovabili richiede di concentrare l’impedimento assoluto all’installazione di impianti fotovoltaici in zone sottoposte a vincolo paesaggistico unicamente nelle “aree non idonee” espressamente individuate dalla Regione, mentre, negli altri casi, la compatibilità dell’impianto fotovoltaico con il suddetto vincolo deve essere esaminata tenendo conto della circostanza che queste tecnologie sono ormai considerate elementi normali del paesaggio in quanto la presenza di impianti fotovoltaici sulla sommità degli edifici non è più percepita come fattore di disturbo visivo, bensì come un’evoluzione dello stile costruttivo accettata dall’ordinamento e dalla sensibilità collettiva».

Secondo i giudici: «Essendo cambiato il quadro normativo e anche la sensibilità collettiva verso l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili, risulta inevitabilmente diverso anche il modo in cui sono valutate le modifiche all’aspetto tradizionale dei luoghi. Occorre quindi focalizzare l’attenzione sulle modalità con cui i pannelli fotovoltaici sono inseriti negli edifici che li ospitano e nel paesaggio circostante».

La soprintendenza – secondo i giudici – non ha valutato le due realtà nell’insieme, la tutela paesaggistica e le esigenze di sostenibilità energetica e non da soluzioni praticabili alternative.

«La soprintendenza, anziché suggerire la praticabilità di soluzioni alternative al posizionamento dei pannelli fotovoltaici sulla falda di copertura che non interferiscano con le visuali panoramiche, ha espresso una valutazione radicalmente ostativa alla realizzazione dell’intervento progettuale ritenendo preclusa in assoluto l’installazione dei pannelli fotovoltaici ed invitando di fatto i ricorrenti ad optare per tecnologie e modalità di sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili diverse da quella solare che possano risultare meno impattanti dal punto di vista paesaggistico».

«Peraltro, i pareri qui contestati – solo apparentemente si dimostrano rispondenti ad una valutazione in concreto della compatibilità paesaggistica dell’intervento, dal momento che l’affermata non conformità dei pannelli fotovoltaici alla tutela paesaggistica sembra rinvenirsi prevalentemente nell’aspetto cromatico e nella “tradizionalità” delle coperture impiegate nella zona, di modo che l‘introduzione di elementi “tecnologici” (quali gli impianti fotovoltaici) sarebbe inevitabilmente e, comunque, preclusa. Per l’effetto, viene prescritto non già l’impiego di un colore o di una forma maggiormente consoni al contesto, bensì di non utilizzare affatto i pannelli, in tal modo pervenendosi ad una conclusione basata su presupposti apodittici e generali, avulsi da una valutazione in concreto riferita allo specifico contesto paesaggistico».

Dunque, il Tar dà ragione ai ricorrenti e annulla l’autorizzazione paesaggistica nella parte in cui prescrive che i «pannelli fotovoltaici non siano installati sulla falda di copertura».

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