IL CEMENTO DIVENTA PIU’ RESISTENTE E DURATURO CON L’AGGIUNTA DEI GAMBERI E COMBATTE L’INQUINAMENTO

cemento

Il cemento è attualmente il secondo materiale più utilizzato sulla Terra, nonostante la sua resistenza limitata alle sollecitazioni e al tempo e le notevoli quantità di emissioni di CO2 durante la produzione.

Il cemento armato rappresenta un prodotto composto capace di combinare i vantaggi di due diversi materiali: il cemento che ha  grandi resistenze a compressione, e l’acciaio che, invece, ha la peculiarità di poter sopportare la trazione.  Si crea quindi un materiale, unico, con caratteristiche di trazione e pressione e che, per tale motivo, si rivela particolarmente adatto ad esser impiegato per la costruzione delle strutture portanti degli edifici.

Nel composto, tuttavia, l’acciaio per rimanere efficiente deve esser ben “protetto” da uno strato di calcestruzzo per non esser soggetto all’ossidazione, ovvero alla formazione di ruggine che potrebbe indebolire il metallo, facendolo espandere e di conseguenza generando danni e fessurazioni che incidono sulla stessa tenuta complessiva della struttura di calcestruzzo.

Il cemento armato non ha vita eterna, guardando alle prime costruzioni fatte con questo materiale composito, attorno agli anni ’20/’30, possiamo, in maniera molto generale, ipotizzare un periodo di vita utile di circa sessanta o, nei migliori casi, settanta anni. Si tratta di mere ipotesi, perché la durata del materiale va valutata periodicamente in base alla sua effettiva resa e soprattutto si  incrementa  attraverso periodici interventi manutentivi.

In linea generale si può dire che ci sono diversi fattori che incidono sulla durabilità del cemento armato; primo tra tutti è il contesto ambientale in cui è inserita la struttura, pensiamo infatti all’eventuale ambiente marino che risulta essere altamente aggressivo per l’acciaio. Inoltre le condizioni climatiche, come il gelo, possono aver effetti negativi sul cemento e creare fessurazioni.
Anche la composizione del conglomerato cementizio armato incide sulla sua durata: miscele più o meno omogenee, qualità degli inerti e dell’acqua nonché tipi di cemento utilizzati, possono influenzare la tenuta del materiale nel tempo.

Una recente ricerca, ha stabilito che il cemento può essere reso più forte aggiungendo gusci di gamberetti. Gli scienziati hanno scoperto che l’uso di minuscole particelle dai crostacei rende il materiale da costruzione fino al 40% più duro e il 12% più facile da comprimere.

La corazza dei gamberi contiene un biopolimero, la chitina, che aggiunto alla pasta di cemento lo rende appunto fino al 40% più resistente: è quanto scoperto da uno studio pubblicato su Cement and Concrete Composites, che sottolinea come l’utilizzo degli scarti dei gamberi contribuirebbe a ridurre le emissioni di CO2 prodotte dall’industria del cemento. «Aumentando la resistenza del cemento, questa nuova miscela può aiutare a ridurne la quantità necessaria, facendo dunque diminuire le emissioni di CO2 durante la produzione», ha spiegato Somayeh Nassiri, autrice della ricerca.

Il cemento è il materiale più usato al mondo dopo l’acqua: produrlo emette moltissima CO2, poiché richiede l’uso di combustibili fossili per raggiungere i 1.500 °C necessari alla cottura del clinker (la “base” costituita da calcare o gesso e argilla). L’industria cementiera è responsabile di circa il 15% dell’intero consumo energetico industriale e del 5% delle emissioni di gas serra a livello mondiale.

Anche i rifiuti ittici sono un serio problema per l’industria peschiera: ogni anno l’Europa da sola produce 2,5 milioni di tonnellate di scarti, la maggior parte dei quali finisce in mare. L’idea dei ricercatori della Washington State University contribuisce dunque a risolvere due problemi – quello delle emissioni dell’industria cementiera e quello dei rifiuti dell’industria ittica – riutilizzando materiali di scarto nell’ottica di un’economia circolare.

PERCHÉ FUNZIONA? Le corazze dei granchi, dei gamberi e delle aragoste sono fatte per il 20-30% di chitina, e per il resto di carbonato di calcio. Il successo della chitina come indurente è dovuto al modo in cui interagisce con le particelle di cemento: «Le nanoparticelle di chitina respingono le particelle di cemento, cambiandone la capacità di idratazione», spiega Michael Wolcott, uno degli autori.

Aggiungendo i nanocristalli di chitina alla miscela di cemento, gli studiosi sono riusciti dunque a migliorare diverse proprietà del materiale, tra cui la consistenza, il tempo di presa, la durezza e la resistenza. Il cemento “bio” è risultato un 40% più resistente alla flessione e un 12% più resistente alla compressione. «Se riusciremo a ridurre la quantità di cemento che utilizziamo, mantenendone le funzioni strutturali e meccaniche e raddoppiandone la vita utile, allora potremo ridurre notevolmente le emissioni di CO2 derivanti dal settore edilizio», conclude Wolcott.