DEBITI EREDITARI DEDUCIBILI DALL’IMPOSTA DI SUCCESSIONE ANCHE SE EMERSI DOPO DECENNI

La gestione delle successioni ereditarie è un ambito in cui il diritto civile e quello tributario si intrecciano in modo complesso, specialmente quando si tratta di determinare l’ammontare delle imposte dovute e le eventuali deduzioni consentite. Uno dei nodi più delicati riguarda il trattamento dei debiti del defunto: possono questi essere dedotti dall’imposta di successione anche se accertati giudizialmente molti anni dopo l’apertura della successione?

A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione con una sentenza di particolare rilievo (n. 17821 del 2 luglio 2025), che fa chiarezza su un punto cruciale: la deducibilità dei debiti ereditari non è preclusa dal fatto che siano emersi o riconosciuti solo in un secondo momento, purché si tratti di passività esistenti alla data della morte e successivamente accertate con sentenza definitiva.

Si tratta di una decisione che potrebbe avere effetti significativi su molte situazioni concrete in cui, solo a distanza di anni, viene alla luce un obbligo del defunto nei confronti di terzi. La Corte adotta un’interpretazione evolutiva e coerente con il principio di equità fiscale, offrendo così agli eredi un importante strumento di tutela nel caso in cui il passivo ereditario venga a superare l’attivo per effetto di debiti inizialmente ignoti.

Il caso concreto

  • 1990: apertura della successione di Tizio; gli eredi pagano l’imposta.
  • 2002: emerge in sede civile un debito a carico di Tizio, derivante dal danno ingiustamente causato a Caia.
  • Gli eredi, rilevato che il passivo eredita­rio eccede l’attivo, richiedono il rimborso delle imposte pagate.
  • L’Agenzia delle Entrate si oppone, ma la Cassazione dà ragione agli eredi: il debito, pur accertato dopo 12 anni, è deducibile

I principi normativi richiamati

  1. Art. 20 DLgs. 346/1990: sono deducibili «i debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione».
    ➤ È sufficiente che il debito fosse esistente (anche non formalmente riconosciuto) al momento dell’apertura della successione.
  2. Art. 21 DLgs. 346/1990: i debiti ereditari devono risultare:
    • da atto scritto con data certa anteriore all’apertura della successione, o da provvedimento giurisdizionale definitivo
  3. Art. 23, comma 4: stabilisce che i debiti risultanti da provvedimenti giurisdizionali vanno dimostrati entro 6 mesi dalla loro definitività.

Le ragioni della Corte

  • Un’interpretazione rigida che richiedesse la certezza del debito già al momento dell’apertura della successione – ovvero prima della morte del de cuius o nel giorno immediatamente successivo – sarebbe irragionevole e contraria al principio più ampio previsto dall’art. 23, comma 4.
  • In sostanza, non si possono vincolare gli eredi all’andamento dei tempi giudiziari post mortem: è sufficiente che il debito fosse esistente alla morte del debitore.

Conseguenze pratiche

  • Tempistica operativa:
    • Dopo la sentenza definitiva che accerta il debito, gli eredi hanno 6 mesi per dimostrarne l’esistenza.
    • Scattati questi 6 mesi, si avvia il termine per il rimborso: gli eredi hanno 3 anni dalla definitività della sentenza per richiedere il rimborso delle imposte pagate in eccesso.
  • Barrare sulla successione:
    • Vanno indicati tutti i debiti emersi, anche successivamente, purché entro i limiti e le modalità previste dalla legge.

In sintesi

ElementoRequisito richiesto
Presenza del debitoDeve esistere alla data di apertura della successione
Prova della passivitàAtto scritto con data certa oppure sentenza definitiva
Termine per dimostrazioneEntro 6 mesi dalla definitività del provvedimento
Termine per rimborso3 anni dalla stessa data di definitivo

Questa pronuncia della Cassazione chiarisce e amplia gli orizzonti applicativi per gli eredi: la deduzione dei debiti ereditari è possibile anche in presenza di passività certificate solo molti anni dopo la morte del de cuius, a condizione che siano dimostrabili nei tempi e modi stabiliti dalla normativa.