LA RACCOLTA DELL’ACQUA METEORICA IN EDILIZIA: SOSTENIBILITA’, NORME E OPPORTUNITA’ PROGETTUALI

Nel contesto attuale di cambiamento climatico e crescente pressione sulle risorse idriche, la raccolta dell’acqua meteorica rappresenta una strategia efficace e ormai imprescindibile per un’edilizia sostenibile. Spesso sottovalutata, questa pratica ha invece un potenziale notevole, sia in ambito residenziale che industriale, per ridurre i consumi di acqua potabile, prevenire il sovraccarico dei sistemi fognari e migliorare la resilienza urbana agli eventi estremi.

Ma cosa si intende, esattamente, per raccolta delle acque meteoriche?

Si tratta della captazione e dell’immagazzinamento delle acque piovane che cadono sulle superfici impermeabili di un edificio — tipicamente il tetto — con lo scopo di riutilizzarle per usi non potabili, oppure di restituirle al terreno in modo controllato. L’acqua raccolta può essere destinata all’irrigazione, al lavaggio di superfici esterne, all’alimentazione delle cassette WC, oppure, in casi particolari, a usi industriali. In ogni caso, il principio guida è quello della conservazione e gestione efficiente della risorsa acqua.

Un sistema semplice, ma da progettare con attenzione

Un impianto di raccolta delle acque piovane si compone di alcuni elementi chiave, la cui progettazione richiede attenzione tecnica e conoscenza delle norme di riferimento.

  1. Superficie di captazione: generalmente la copertura dell’edificio. La sua estensione, il materiale di finitura e l’inclinazione influiscono sulla quantità e qualità dell’acqua raccolta.
  2. Canali di gronda e pluviali: convogliano l’acqua verso un punto di raccolta. È essenziale evitare ristagni e ostruzioni.
  3. Sistema di filtraggio: trattiene foglie, detriti e altri inquinanti grossolani. Esistono filtri autopulenti, a cestello o a vortice.
  4. Serbatoio di stoccaggio: può essere interrato o fuori terra, in cemento, polietilene o acciaio. La capacità va calcolata in base alla superficie raccolta, alla piovosità media e all’uso previsto.
  5. Impianto di sollevamento e distribuzione: comprende pompe e reti di tubazioni separate da quelle dell’acqua potabile.
  6. Sistema di troppo pieno: l’acqua in eccesso viene smaltita in modo sicuro, spesso tramite pozzi perdenti o vasche di laminazione.

Normative e regolamenti

La normativa italiana non disciplina in modo uniforme la raccolta dell’acqua meteorica, ma esistono riferimenti fondamentali. In primis, la norma UNI EN 16941-1:2018, che definisce i criteri per la progettazione, installazione e manutenzione dei sistemi di raccolta per usi non potabili. Inoltre, il D.Lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambientale) distingue tra acque reflue e acque meteoriche di dilavamento, invitando le Regioni e i Comuni a disciplinarne lo smaltimento.

Molti regolamenti edilizi comunali impongono il trattamento o la raccolta delle acque piovane nei nuovi edifici o nelle ristrutturazioni significative, anche nell’ottica di limitare l’impermeabilizzazione dei suoli e favorire la ricarica delle falde. alcuni esempi:

  • Comune di Bologna: impone per nuove costruzioni e grandi ristrutturazioni la raccolta e l’uso dell’acqua piovana
  • Comune di Milano: obbligo di vasca di laminazione o raccolta con volume minimo pari a 0,03 m³/m² di superficie impermeabile
  • Regione Lombardia – DGR n. XI/2866 del 18/2/2020: linee guida per la gestione delle acque meteoriche di dilavamento (richiesta di invasi di accumulo anche per lotti privati)
  • Puglia e Emilia-Romagna: promuovono sistemi di raccolta e drenaggio urbano sostenibile (SUDS)

Nota tecnica: in molti Piani Regolatori, la mancata predisposizione di sistemi di raccolta o trattamento può compromettere l’ottenimento del permesso di costruire.

Dimensionamento: un equilibrio tra disponibilità e domanda

Il dimensionamento del sistema è un passaggio critico. Serve valutare con precisione quanta acqua può essere raccolta e quanta effettivamente servirà.

Una formula semplificata per stimare il volume utile annuo è:

Volume (litri) = Superficie (m²) × Piovosità media annua (mm) × Coefficiente di raccolta (≈0,8)

A questo dato si affianca la domanda d’uso: quanti litri al giorno serviranno per irrigare, lavare, alimentare WC o altri impianti. L’obiettivo è trovare un punto di equilibrio tra disponibilità idrica e capacità di accumulo, senza sovradimensionare inutilmente l’impianto.

Casi studio reali

Casa unifamiliare a Rimini – Progetto bioedilizia

  • Serbatoio interrato da 5.000 litri
  • Copertura da 110 m²
  • Utilizzo per irrigazione e lavaggio auto
  • Risparmio idrico stimato: circa 40% dei consumi non potabili
  • Costo impianto completo: circa 3.800 € (escluso scavo)

Scuola pubblica a Bologna – Appalto comunale

  • Tetto piano da 1.200 m²
  • Due cisterne interrate da 20 m³
  • Utilizzo: irrigazione del giardino e cassette WC
  • Sistema filtrante e pompa automatica con separazione rete potabile
  • Riduzione consumo idrico annuo: fino a 80.000 litri
  • Finanziato in parte con fondi PNRR e regionali

Capannone industriale a Treviso

  • Superficie di raccolta: 2.000 m²
  • Stoccaggio in tre cisterne da 25.000 litri
  • Utilizzo per processi industriali non critici
  • Recupero annuo: oltre 1.200 m³
  • Sistema monitorato con sensori di livello e telecontrollo

Oltre il risparmio: un cambio di paradigma

Raccogliere l’acqua piovana non è solo una buona pratica tecnica. È un atto progettuale che integra l’edificio nel suo ambiente naturale, valorizzando il ciclo dell’acqua e riducendo l’impatto antropico. In ambito urbano, è anche una misura di mitigazione dei fenomeni estremi — come le bombe d’acqua — grazie alla riduzione del deflusso superficiale.

Sempre più spesso, l’acqua meteorica entra nei progetti di architettura sostenibile, bioedilizia e permacultura urbana, anche con soluzioni integrate come tetti verdi, giardini pluviali, pavimentazioni drenanti e sistemi di fitodepurazione.