LA QUALITA’ DELL’AMBIENTE INTERNO E IL SUO IMPATTO SULLA SALUTE

L’efficienza energetica e la tutela della salute in casa sono due aspetti fondamentali per creare un ambiente confortevole e sostenibile.

La qualità dell’ambiente interno e il suo impatto sulla salute sono al centro dei nuovi requisiti igienico-sanitari per gli edifici. L’efficienza energetica può influire notevolmente sul benessere degli occupanti, un primo riscontro di questa connessione si è avuto durante la guerra del Kippur del 1973, quando l’embargo petrolifero costrinse l’Occidente a limitare i consumi energetici, sigillando gli spazi chiusi.

Nel 1983, l’OMS ha riconosciuto la sindrome dell’edificio malato (SBS), un insieme di sintomi legati all’esposizione a sostanze indoor, problema che persiste tuttora.

Le emergenze climatiche ed economiche attuali accentuano la necessità di costruire in maniera sana e sostenibile.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”. Non si tratta solo di assenza di malattie, ma anche della qualità dell’ambiente costruito.

Il Decreto Scia 2 inserisce nel suo regolamento i criteri per assicurare il benessere complessivo degli occupanti, stabilendo nei “requisiti dimensionali degli spazi di vita” (art. 7) che la pianificazione degli immobili deve garantirlo.

Diversi studi evidenziano che dopo interventi di efficientamento energetico, l’accumulo di inquinanti atmosferici indoor tende ad aumentare, questo pregiudica la salute delle persone che oggi trascorrono circa il 90% del loro tempo al chiuso. Gli ambienti costruiti influenzano anche emozioni e capacità intellettive, e quindi il comfort, definito come una “condizione mentale di soddisfazione” che integra aspetti psicologici e parametri fisici come temperatura e flusso d’aria. Questo aspetto sta diventando sempre più un indicatore per la qualità dell’abitare, sul modello biopsicosociale dell’Organizzazione mondiale della Sanità, che considera i fattori ambientali imprescindibili su tutte le componenti del funzionamento della persona.

Al contrario, l’inquinamento indoor è legato a malattie debilitanti, problematiche sociali e ridotta produttività, come si osserva nel percorso scolastico: gli studenti trasferiti in scuole con condizioni ambientali peggiori mostrano un rendimento scolastico inferiore, misurato in voti, assenze e sospensioni disciplinari.

I meccanismi attraverso i quali un’aria interna inadeguata e insalubre può causare i problemi sopra menzionati includono l’infiammazione delle vie aeree, irritazione oculare e danni respiratori, condizioni aggravate in soggetti con asma o sistema immunitario debole. Le conseguenze possono variare da insufficienza respiratoria a neoplasie polmonari, malattie cardiovascolari, sindrome da apnee ostruttive del sonno, fino a morti premature. Le concentrazioni degli inquinanti indoor sono di norma da 1 a 5 volte superiori rispetto all’esterno, ma l’impatto sulla salute può essere fino a 50 volte maggiore dato che si trascorre il 90% del tempo al chiuso. Ulteriori studi hanno rilevato un notevole incremento di radon, benzene, toluene, etilbenzene, xilene e formaldeide dopo interventi di efficientamento energetico.

Pertanto, le soluzioni per ridurre i consumi energetici dovrebbero considerare anche il comfort e il benessere degli utenti.

Conscia di tali problematiche, l’Unione Europea, attraverso la direttiva (UE) 2018/844, ha posto l’accento sulla necessità di valutare la prestazione energetica degli edifici non solo in termini termici, ma anche considerando tutti i fattori che influenzano la qualità dell’aria interna.

Le normative internazionali riguardanti il risparmio energetico regolano la ventilazione meccanica controllata, ma non promuovono l’impiego di sistemi di ventilazione passiva, efficaci nel garantire un adeguato ricambio d’aria.

Migliorare la ventilazione, scegliere materiali costruttivi sicuri e aumentare i ricambi d’aria e il controllo dell’umidità sono interventi importanti. Gli isolanti vegetali rappresentano una soluzione ecologica e sicura e includono materiali come fibra di legno, fibra di cellulosa, canapa, lino e sughero. Privati di componenti sintetici e petrolchimici, tali materiali sono sani, biodegradabili e riciclabili, e contribuiscono a un significativo risparmio energetico grazie alla loro alta capacità isolante.

Anche se possono comportare costi più elevati rispetto ai materiali tradizionali, il loro utilizzo è un investimento prezioso per ridurre l’impatto ambientale e migliorare la salute degli abitanti e la qualità delle costruzioni.

In una idonea progetatzione, la salute e il benessere degli occupanti devono prevalere sul risparmio economico, poiché solo in un ambiente sano e sicuro si può migliorare produttività e felicità, diminuendo le malattie e i costi sanitari pubblici. Non esiste una soluzione unica per garantire efficienza energetica e qualità dell’aria interna, ma è possibile trovare strategie specifiche in base alle esigenze dell’edificio e delle persone che lo abitano o vi lavorano.

Il comfort termo-igrometrico negli edifici e la formula del benessere di Fanger

Il comfort termo-igrometrico ottimale si ottiene grazie a un sistema di climatizzazione e ventilazione capace di regolare temperatura, umidità, isolamento termico ed esposizione alla luce solare. Le variazioni tra individui, come età, genere, attività fisica e stato di salute, nonché le loro preferenze personali, ad esempio il tipo di abbigliamento, sono elementi essenziali in questo contesto. Fanger propone una lettura scientifica di questi aspetti, attraverso un’equazione che porta il suo nome: un modello matematico che valuta la percezione del comfort termico di una persona in un ambiente controllato. Gli elementi considerati includono temperatura ambientale, umidità, velocità dell’aria, attività fisica, abbigliamento e temperatura media radiante. Questa formula è utilizzata in ingegneria per progettare sistemi di climatizzazione e in campo medico per lo studio del comfort termico e della fisiologia umana.

Gli indici PMV (Predicted Mean Vote) e PPD (Predicted Percentage of Dissatisfied) quantificano il livello di benessere termico negli spazi interni. Il PMV, o “valutazione media prevista”, riflette la sensazione termica di un gruppo in specifiche condizioni ambientali, influenzato da fattori come temperatura dell’aria e umidità. Varia da -3 (molto freddo) a +3 (molto caldo), con 0 che rappresenta un ambiente termicamente neutro. Il PPD indica la “percentuale prevista di insoddisfatti” rispetto alle condizioni termiche di un ambiente. Esprime la probabilità di insoddisfazione termica sulla base delle stesse variabili del PMV. Un 10% di PPD suggerisce che una persona su dieci potrebbe sentirsi insoddisfatta. Anche nei modelli più ottimizzati, è comune riscontrare almeno il 5% di insoddisfatti.

Numericamente, l’equazione di Fanger è la seguente:

PMV = 0,303e^-0.036M + 0,028[(M – W) – I – 0,3E] – 0,042[(M – W) – I – 0,3E]^2 – 0,0032[(M – W) – I – 0,3E]^3 + 0,003[(M – W) – I – 0,3E]^4

dove:

PMV individua il valore di percezione del comfort termico, che varia da -3 (molto freddo) a +3 (molto caldo);

M indica il metabolismo dell’individuo, espresso in watt per metro quadro di superficie corporea;

W rappresenta il flusso di calore per conduzione attraverso la superficie corporea, espresso in watt per metro quadro;

I è il flusso di calore per irraggiamento, espresso in watt per metro quadro;

E caratterizza il flusso di calore per evapotraspirazione, espresso in watt per metro quadro.

Sul piano normativo, l’ASHRAE definisce il comfort termico come la “condizione di soddisfazione per l’ambiente termico”, uno standard centrale negli Stati Uniti e riconosciuto a livello globale, spesso allineato con norme internazionali come la ISO 7730. Si considera una zona di comfort se almeno l’80% delle persone è soddisfatto. Le tre categorie di qualità degli edifici, delineate dalla norma UNI EN ISO 7730, sono:

Categoria A: edifici con massimo comfort, garantendo un ambiente confortevole al 95% degli occupanti per almeno il 98% dell’anno.

Categoria B: edifici con buon comfort, assicurando il benessere all’80% degli occupanti nello stesso periodo.

Categoria C: edifici con comfort accettabile, offrendo un ambiente confortevole al 60% degli occupanti per almeno il 98% dell’anno.

La normativa UNI EN ISO 7730 indica che, in fase di progettazione, l’obiettivo principale dovrebbe essere ottenere almeno una categoria A o B per il comfort termico; tuttavia, in alcune situazioni, la categoria C può risultare adeguata.

La decisione sulla categoria da perseguire dipende dalle esigenze specifiche degli occupanti e dalle condizioni ambientali locali.

Per garantire un ambiente confortevole, si consiglia di mantenere:

– la temperatura dell’aria tra 20°C e 24°C, con variazioni massime di +/- 2°C rispetto alla media di riferimento;

– la velocità dell’aria sotto 0,25 m/s in ambienti sedentari e sotto 0,15 m/s in ambienti attivi;

– l’umidità relativa tra il 40% e il 60%, con una variazione massima di +/- 10% rispetto al valore medio.

Con un’umidità inferiore al 40%, l’aria può seccare le mucose, creando condizioni favorevoli per batteri e virus. Al di sopra del 70%, si rischia la formazione di condensa e la proliferazione di muffe nelle zone più fredde dell’edificio. La temperatura ambientale influisce anche sul sonno: per i giovani adulti (21-25 anni), si raccomandano 20,3°C e 56% di umidità in inverno e 26,1°C con il 52% di umidità in estate.

In generale, la temperatura è il fattore chiave per il sonno, mentre l’umidità ha un impatto meno significativo. Nonostante l’aria calda possa trattenere più umidità, un aumento della temperatura riduce la capacità interna di gestire livelli elevati di umidità. Ad esempio, a 18°C, un umidità tra il 40% e l’80% è accettabile, ma a 26°C, anche un 50% è eccessivo.

La tabella “A” dell’Enea descrive i valori ideali di umidità in relazione alla temperatura, benché questi siano indicativi. Le condizioni ideali di comfort termo-igrometrico variano con i contesti e le esigenze personali.

Secondo le linee guida dell’OMS per la qualità dell’aria interna, l’esposizione a muffe o umidità domestica è associata a sintomi respiratori, asma e danni alle funzionalità respiratorie, oltre a deteriorare le strutture degli edifici, causando danni significativi e una potenziale perdita di valore, esponendo i proprietari o gestori a risarcimenti per danni alla salute.

Il Regolamento delineato dal Decreto Scia 2, presentato in conferenza unificata tra Stato e Regioni per ottenere l’accordo preliminare, stabilisce i criteri igienico-sanitari prestazionali degli edifici, in conformità all’articolo 20, comma l-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Tali requisiti si applicheranno esclusivamente ai progetti il cui titolo edilizio sarà rilasciato dopo l’entrata in vigore del nuovo decreto emanato dal Ministero della Salute.

TABELLA “1” Parametri Comfort termo-igrometrico

Questo regolamento evidenzia un cambiamento nell’approccio alla progettazione degli edifici, orientandosi verso nuovi obiettivi mirati a tutelare la sicurezza e la salute, garantire la qualità dell’aria interna e promuovere il benessere psicofisico degli occupanti. Tale orientamento è confermato dall’articolo 8, che riguarda il comfort termo-igrometrico, riportando nella Tabella “1” specifici parametri di riferimento.