I BENI ACQUISTATI CON DENARO PERVENUTO DA UNA VENDITA BENE PERSONALE NON RICADONO NELLA COMUNIONE LEGALE

comunione legale tra coniugi

Con l’ordinanza n. 40423 del 16 dicembre 2021 la Corte di Cassazione affronta la problematica relativa ai presupposti in presenza dei quali gli immobili acquistati da uno solo dei coniugi con il prezzo della vendita di un bene personale non ricadano nella comunione legale.

Il caso: F.D. chiedeva al Tribunale di Foggia di accertare e dichiarare che il suolo acquistato dal marito F.R. nonché il fabbricato edificato su detto suolo e l’immobile acquistato anch’esso dal marito costituivano oggetto di comunione legale; chiedeva altresì ordinarsi al Conservatore dei RR.II. competente la trascrizione anche a suo favore della proprietà degli stessi, ovvero, in subordine, di condannare il convenuto al rimborso della metà del prezzo pagato per l’acquisto, nonché della metà del valore dei materiali e della manodopera impiegati per la realizzazione dell’immobile.
L’attrice esponeva che, quand’anche fosse intervenuta nei citati atti di compravendita, ratificando la dichiarazione del marito di acquistare con denaro proprio, detta dichiarazione non avrebbe potuto avere valore confessorio dell’esistenza dei presupposti di fatto richiesti dall’art. 179, primo comma, lett. f), c.c., non avendo il coniuge acquirente espressamente specificato che gli immobili erano stati acquistati con denaro proveniente dal prezzo del trasferimento di beni personali, sicché gli stessi dovevano considerarsi di proprietà comune.

Il Tribunale accoglieva al domanda con sentenza che veniva confermata in Corte d’Appello; sul punto la Corte distrettuale specificava che:

a) l’esclusione dei beni dalla comunione legale non può dipendere sic et simpliciter dalla dichiarazione della moglie, intervenuta negli atti di compravendita, per confermare che il marito stesse acquistando con denaro proprio;

b) pertanto, perché il bene, acquistato durante il matrimonio dai coniugi in regime di comunione legale dei beni, possa ritenersi di natura personale, è necessario, da una parte, che, nell’atto di compravendita, il coniuge acquirente” ai sensi dell’art. 179, primo comma, lett. f), c.c., dichiari espressamente che l’immobile è acquistato con il prezzo del trasferimento di beni personali o col loro scambio e, dall’altra, che il coniuge non acquirente riconosca il presupposto di fatto già esistente (la provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto);

c) in definitiva, la partecipazione all’atto dell’altro coniuge non acquirente, previsto dall’art. 179, secondo comma, c.c., si pone come condizione necessaria ma non sufficiente per l’esclusione del bene della comunione, occorrendo a tal fine anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate nell’art. 179, primo comma, lett. c), d) ed f), c.c.;

d) nella specie, il marito non aveva provato che il prezzo degli immobili per cui era causa fosse stato pagato con denaro derivante dalla vendita di beni personali, ex art. 179 c.c., avendo egli semplicemente affermato che il suddetto acquisto era stato effettuato con i profitti dell’impresa costituita dopo il matrimonio: infatti negli atti di acquisto in questione vi era solo un generico riferimento all’art. 179 c.c., e non era, invece, presente il richiamo specifico alle lettere c), d) ed f) dell’art. 179 c.c., o meglio l’indicazione analitica della provenienza delle risorse utilizzate per l’acquisto degli immobili.

F.R., proposto il ricorso in Cassazione, vi rinunciava, con conseguente dichiarazione di estinzione del giudizio.

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Tratto da Avv. Andreani