Radon salute e interventi edilizi necessari: è competenza dei tecnici intervenire sugli edifici

Vie d’accesso per il Radon

Il Radon è un gas radioattivo che affiora dal sottosuolo e penetra silenziosamente negli edifici. Esso deriva dal decadimento dell’uranio tellurico, cioè che si trova nelle rocce della crosta terrestre quali graniti, marmi, marne e sieniti. Essendo incolore, inodore e insapore, può raggiungere alte concentrazioni senza essere percepito. All’esterno, il radon non costituisce un problema poiché è pesante si raccoglie in basso e si diluisce nell’atmosfera ma in luoghi chiusi e sotto il livello del terreno, può raggiungere livelli elevati e conseguentemente dannosi alla salute degli individui e degli animali da compagnia. La maggior parte del radon presente negli edifici proviene dal suolo sul quale sono costruiti. Se il basamento ha un pavimento di fango, il radon può penetrare facilmente. Se il pavimento è di cemento, il radon può penetrare attraverso le spaccature che vi si formano con il tempo lungo tubature, canne fumarie, pozzetti di ispezione o attraverso le giunture tra i muri.
Il radon può anche provenire – in misura minore – dai muri, se essi sono stati edificati utilizzando materiali radioattivi (tufi vulcanici, per esempio) o dai rubinetti, se l’acqua contiene del radon disciolto. La concentrazione di Radon indoor è più alta se l’abitazione si trova su un terreno granitico o vulcanico; vicino a vulcani attivi o spenti, su terreni ricchi di tufo; se le sue fondamenta poggiano direttamente sul terreno; se comunica direttamente, mediante botole, scale e canne fumarie, con locali interrati o seminterrati non ben areati; se è stata costruita utilizzando argille, granito, tufo, porfido, basalto, pietre laviche, pozzolane; oppure cementi di origine pozzolanica, ceramiche o cementi prodotti con scorie di alto forno o con materiali contaminati.
Le pietre ad alto rischio radioattivo in Italia sono la lava del Vesuvio, la pozzolana, il peperino del Lazio e il tufo della Campania. Da evitare le rocce magmatiche (particolarmente i graniti, e in particolare i graniti rossi, rosa e viola, i prodotti di scarto di gesso, cemento, calcestruzzo, pietra pomice e roccia basaltica. Il trasporto del Radon all’interno di un edificio avviene o per semplice diffusione, oppure per “effetto camino” dovuto alla differenza di pressione tra l’esterno e l’interno. Inoltre, differenze di temperatura, e quindi di pressione, tra i vari piani dell’edificio fanno sì che il Radon da quelli più bassi arrivi a quelli più alti. Questa aspirazione aumenta d’inverno a causa del riscaldamento, anche mediante stufe e camini, di correnti ascensionali all’interno di canne fumarie, di sistemi di aspirazione in bagno ed in cucina.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), attraverso l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha classificato fin dal 1988 il radon nel Gruppo 1 nel quale sono elencate le 105 sostanze per le quali si ha la massima evidenza di cancerogenicità per l’uomo. Il principale effetto sanitario è il tumore polmonare. Fondamentale importanza assume la combinazione tra fumo di tabacco ed esposizione al radon: il rischio di tumore polmonare causato dal radon per i fumatori viene considerato 15-25 volte superiore rispetto al rischio per i fumatori non esposti al radon. Per comprendere il rischio sanitario associato al radon è utile confrontare la prevalenza degli eventi fatali che provoca con quelli di altri fattori più conosciuti.
Secondo l’Environmental Protection Agency, oltre 20.000 persone muoiono negli Stati Uniti ogni anno a causa di cancro polmonare attribuibile al radon. In Italia secondo i dati aggiornati la forbice è tra le 3000 e le 6000 unità ogni anno.

Come si effettua la rilevazione

La determinazione dell’esposizione al Radon negli ambienti, che poi predice il rischio di contrarre la malattia (e che deve essere ben distinto dalla misurazione istantanea della radioattività nell’aria) viene effettuata attraverso dei piccoli rilevatori di forma varia da installare in luoghi chiave negli edifici. Questi dispositivi possono essere richiesti, insieme a delle istruzioni sul posizionamento, alle sedi dell’Arpa, all’Enea o acquistati da ditte private. Il sistema più diffuso per la misura dell’esposizione è il dosimetro passivo, posizionato in un punto specifico dell’edificio. I tempi di rilevazione possono variare, anche se il periodo ideale dovrebbe essere un intero anno, per seguire il ciclo stagionale dei flussi del radon e ottenere una stima accurata del rischio. Alla fine del periodo di esposizione, i rilevatori vengono rispediti all’ente che effettua la lettura e rilascia una relazione in merito alle concentrazioni misurate. Il costo è accessibilissimo a tutti.

Una volta stabilito il livello del radon si decide se è necessario intervenire e si può pianificare la tecnica di bonifica più efficace.
In Italia sarebbe una ottima prassi informare la collettività, e gli Ordini professionali di indirizzo tecnico sono sicuramente un ottimo veicolo di divulgazione, considerato che gli interventi di mitigazione rientrano nelle competenze di geometri, ingegneri, architetti.

La normativa

Per valutare l’entità del problema, sono state effettuate misure di livelli di radon nelle case in quasi tutti i Paesi europei negli ultimi 10 anni. La Comunità Europea, con una recente direttiva (2013/59/EURATOM), ha definito un nuovo limite per la concentrazione di radon senza far più distinzione tra luogo di lavoro e abitazione privata e per quest’ultima tra nuovo e vecchio edificio. La nuova soglia, oltre la quale è necessario prevedere tecniche di riduzione della concentrazione di radon, è l’equivalente annuo di 300 Bq/m3. Nella direttiva viene fatta anche un’importante precisazione:“…recenti risultati epidemiologici dimostrano un aumento statisticamente significativo del rischio di carcinoma polmonare correlato all’esposizione prolungata al radon in ambienti chiusi a livelli dell’ordine di 100 Bq/m3”.
Il 17 Gennaio 2014 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la nuova Direttiva europea sulla protezione dalle radiazioni ionizzanti (“Basic Safety Standards” – Direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio, pubblicata sulla G.U.U.E. L-13 del 17/1/2014). La nuova Direttiva è il prodotto di un processo di revisione, durato anni, destinato a sconvolgere le normative nazionali in tema di radioprotezione di tutti i Paesi membri dell’Unione Europea. Per la prima volta in tale Direttiva infatti sono stati fissati limiti di concentrazione di attività per la commercializzazione di materiali da costruzione e sollecitata l’adozione da parte dei Paesi comunitari di piani di azione per le concentrazioni di gas radon nelle abitazioni. La nuova Direttiva si applica a qualsiasi situazione di esposizione – pianificata, esistente o di emergenza – che comporti un rischio di radiazioni ionizzanti. Diventa così obbligatorio, per tutti gli Stati dell’Unione Europea, dotarsi di un piano nazionale “radon”. Gli Stati membri dovranno predisporre inoltre le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla predetta Direttiva entro il termine ultimo del 6 febbraio 2018. A livello nazionale, questo compito è stato demandato all’ Istituto Superiore della Sanità.
La presenza di radon oltre i limiti di norma in una costruzione, costituisce un pregiudizio alla salute ed è sicuramente da equiparare ad una qualsiasi deficienza costruttiva, in particolare per la inidoneità del suolo, che determina non solo una riduzione del valore dell’immobile, ma pone in discussione la validità stessa dei contratti di locazione e delle compravendite

Gas radon: i piani regionali e i livelli limite di concentrazione

Alcune Regioni sono intervenute sul tema della riduzione delle esposizioni alla radioattività naturale derivante dal gas radon.
Ad esempio nella Regione Puglia, è stata emanata la Legge regionale 3 novembre 2016, n. 30 “Norme in materia di riduzione dalle esposizioni alla radioattività naturale derivante dal gas ‘radon’ in ambiente confinato”. Con questa norma la Regione Puglia vuole assicurare il più alto “livello di protezione e tutela della salute pubblica dai rischi derivanti dalla esposizione dei cittadini alle radiazioni da sorgenti naturali e all’attività dei radionuclidi di matrice ambientali, configurate da concentrazioni di gas radon negli edifici residenziali e non residenziali”.
Norma che fa riferimento al Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n. 230 – “Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 2006/117/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti, 2009/71/Euratom in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari e 2011/70/Euratom in materia di gestione sicura del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi derivanti da attività civili” – e alla Direttiva 2013/59/Euratom, e che fissa livelli limite di esposizione al gas radon per le nuove costruzioni e per gli edifici esistenti.
Con la Legge regionale 9 agosto 2017, n. 36 “Assestamento e variazioni al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2017 e pluriennale 2017/2019 della Regione Puglia” è stata poi modificata la Legge regionale 3 novembre 2016, n. 30 (ad esempio nel titolo della legge la parola “confinato” è stata sostituita con “chiuso”). In particolare è stato modificato l’articolo 3 della Legge 30/2016 relativo ai livelli limite di concentrazione per le nuove costruzioni.

Questi i due commi dell’articolo 3 come modificati dall’articolo 25 della legge 36/2017:
Art. 3
Livelli limite di concentrazione per le nuove costruzioni
1. Sino all’approvazione del Piano regionale radon e agli adeguamenti degli strumenti urbanistici comunali di cui all’articolo 2, comma 5, e salvo limiti di concentrazione più restrittivi previsti dalla legislazione nazionale, ovvero limiti specifici previsti per particolari attività di lavoro, per le nuove costruzioni, eccetto i vani tecnici isolati o a servizio di impianti a rete, il livello limite di riferimento per concentrazione di attività di gas radon in ambiente chiuso, e in tutti i locali dell’immobile interessato, non può superare 300 Bq/mc, misurato con strumentazione passiva.
2. Il progetto edilizio per le nuove costruzioni di cui al comma 1 deve contenere i dati necessari a dimostrare la bassa probabilità di accumulo di radon nei locali dell’edificio, ed in particolare una relazione tecnica dettagliata contenente:
a) indicazioni sulla tipologia di suolo e sottosuolo;
b) indicazioni sui materiali impiegati per la costruzione;
c) soluzioni tecniche adeguate, in relazione alle tipologie di suolo e di materiali impiegati per la costruzione, idonee ad evitare l’accumulo di gas radon nei diversi locali.

Ricordiamo, infine, che la legge 30/2016 riporta anche precise indicazioni per i livelli limite di concentrazione per gli edifici esistenti (art.4), indicazioni modificate tuttavia sempre con la legge con la 36/2017.

In analogia anche la Regione Campania con la Legge Regionale n.13 del 08/07/2019 impone l’obbligo di misurare la concentrazione di gas Radon in tutte le attività a piano terra. Fanno eccezione solamente i locali residenziali ed i vani tecnici per impianti. Al termine della misura annuale è obbligatoria la trasmissione dei risultati al Comune e all’ARPAC. La mancata attuazione comporta la sospensione della certificazione di agibilità del locale.
La legge regionale prescrive la misura di radon, su tutta la Campania, per tutti i luoghi accessibili al pubblico. In particolare per gli interrati, seminterrati e locali a piano terra, aperti al pubblico, con esclusione dei residenziali e dei vani tecnici isolati al servizio di impianti a rete, il livello limite di riferimento per concentrazione di attività di gas radon in ambiente chiuso non può superare 300 Bq/mc, misurato con strumentazione passiva tramite rivelatori a tracce nucleari. La misura deve essere determinata come valore medio ponderale di concentrazione su un periodo annuale suddiviso in due semestri primaverile-estivo e autunnale-invernale. Entro 18 mesi dal 16/07/2019 (ovvero entro il 16/01/2021) ogni attività suddetta è obbligata ad inviare al Comune e all’ARPAC i risultati delle misurazioni annuali della concentrazione del gas Radon all’interno del proprio locale.

Come si elimina il Radon


Una volta accertata la presenza di Radon oltre i limiti raccomandati, si può diminuirne la concentrazione con una serie di azioni di rimedio volte ad allontanare il gas dalla costruzione o, quando possibile, dal terreno circostante:
Le azioni comprendono la depressurizzazione del terreno, la ventilazione forzata degli ambienti, l’aspirazione dell’aria interna specialmente in cantina e lo sfogo a distanza, la pressurizzazione dell’edificio, la ventilazione forzata del vespaio, l’impermeabilizzazione del pavimento e delle pareti interrate, la sigillatura di crepe e fessure. I costi di bonifica, in base alla concentrazione di gas e alla struttura dell’edificio, possono variare da 500 a 3000 €.
Il problema è differente per gli edifici di nuova costruzione.
Alcuni semplici interventi sono molto efficaci nel ridurre il rischio e sono di costo molto limitato quando sono effettuati in fase di predisposizione dei piani urbanistici e, soprattutto, di progettazione degli edifici. È indispensabile, ad esempio, monitorare il terreno anche dopo lo scavo delle fondazioni, isolare l’edificio dal suolo mediante vespai o pavimenti galleggianti ben ventilati, impermeabilizzare i pavimenti e le pareti delle cantine con guaine isolanti, evitare collegamenti diretti con interrati o seminterrati, isolare le canalizzazioni degli impianti, usare materiali non contenenti uranio: sabbia, ghiaia, calce sono quasi sempre innocui, così come la pietra calcarea, il gesso naturale, il legno, il cemento puro e quello alleggerito. Ogni intervento andrà poi valutato con un tecnico di fiducia, analizzando non solo i vantaggi ma anche le possibili problematiche che potrebbe comportare. Una fra queste ad esempio è che alcuni interventi potrebbero causare un (modesto) aggravio di spese energetiche per l’edificio. In conclusione, bisogna sempre esaminare con un esperto le priorità e le soluzioni migliori.
Le aziende per i servizi sanitari e le ARPA regionali hanno le competenze per rispondere, almeno in prima istanza, ad ogni dubbio in merito alla presenza di radon nelle costruzioni. Tuttavia, la ideazione e la predisposizione dei rimedi e la verifica della loro efficacia richiede l’intervento di professionisti e tecnici delle costruzioni.

Cosa possono fare gli Ordini professionali


Nell’ambito dei rischi derivanti dalla presenza di radon negli ambienti confinati, gli ordini professionali possono essere protagonisti nella diffusione capillare dell’informazione, degli interventi e del monitoraggio, con azioni mirate nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nella formazione di tecnici ed operatori qualificati, nell’apertura di sportelli presso gli ordini territoriali. I Geometri Italiani sono stati i promotori di iniziative importanti: un’opera capillare di sensibilizzazione sul tema è svolta dall’Associazione Nazionale Donne Geometra che coordina per conto del Consiglio Nazionale Geometri il progetto formativo «Esperti Edificio Salubre», tecnici preparati anche per le bonifiche ed il monitoraggio del Radon. Una iniziativa lodevole di grande professionalità che sarebbe auspicabile estendere anche ad altri Ordini e Collegi. Diffondere la cultura dell’intervento edilizio di bonifica del radon a vantaggio della salute, del miglioramento del parco immobiliare italiano e il potenziamento del lavoro della filiera edilizia sono obiettivi che vanno oltre gli interessi di categoria e toccano il servizio sociale e sono un volano per l’economia, la salute pubblica, il progresso e la civiltà stessa del nostro Paese.