ESPROPRI: PRINCIPI PER LA LOCALIZZAZIONE DELL’OPERA, FONDI INTERCLUSI E DELIMITAZIONE CENTRO ABITATO

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Il TAR Emilia-Romagna ha affrontato molteplici e rilevanti questioni relative alla discrezionalità amministrativa nella localizzazione delle opere, alla interclusione dei fondi a seguito dell’espropriazione per pubblica utilità, alle conseguenze giuridiche derivanti dalla delimitazione del centro abitato da parte della Giunta comunale (TAR Emilia-Romagna, sez. I, 7 dicembre 2022 n. 985)

L’individuazione e la localizzazione di un’opera pubblica costituiscono manifestazione di ampia discrezionalità amministrativa, censurabile solo in caso di manifesta illogicità o irrazionalità.

Il necessario approccio sostanziale e non meramente formalistico degli istituti di partecipazione procedimentale impedisce di considerare illegittimo il procedimento di approvazione di un Piano territoriale per la mancata presentazione pubblica quando in concreto sia stato raggiunto il c.d “scopo partecipativo” e gli interessati abbiano comunque avuto modo di presentare le loro osservazioni “così esercitando le proprie facoltà in punto di partecipazione al procedimento volto alla localizzazione dell’opera” (fattispecie relativa all’applicazione della legge reg. Emilia-Romagna 21 dicembre 2017, n. 24).

L’interclusione del fondo si realizza quando, a seguito dell’espropriazione e/o della realizzazione dell’opera pubblica, questo si ritrovi privo di accessi sulla pubblica via; ciò non accade quando sia comunque possibile l’immissione su altra pubblica via, a nulla rilevando la presenza di un fosso suscettibile di tombamento in sede di progettazione esecutiva.

“La delimitazione del centro abitato ai sensi dell’art. 4 del Codice della Strada richiede una specifica deliberazione della Giunta comunale la quale ha rilievo costitutivo e determinante ai fini dell’applicazione delle norme che collegano determinati effetti all’inclusione o meno delle aree nel centro abitato”. In particolare la definizione di centro abitato è funzionale all’applicazione di peculiari regole di prudenza che si impongono all’utente della strada ma non è vincolante ai fini urbanistico-edilizi né a quelli igienico-sanitari. L’amministrazione può perciò legittimamente applicare all’interno dello stesso la disciplina in tema di fasce di rispetto e i limiti di distanza stabiliti – per le zone fuori dai centri abitati ma comprese nel piano urbanistico – dall’art. 26, comma 3, dPR n. 495/1992 (30 metri per le strade di tipo A, 20 per quelle di tipo B e 10 per quelle di tipo C), i quali sono inderogabili nel minimo ma possono essere aumentati senza necessità di specifica motivazione in presenza di esigenze di viabilità rappresentate nel progetto ovvero all’interesse pubblico primario perseguito.

Sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, lett. g), c.p.a. sugli atti, comportamenti, accordi e provvedimenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di pubblico potere assunti dalle amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità ai sensi del dPR n. 327/2001, nonché su “ogni azione risarcitoria in rapporto di causalità diretta con l’illegittimo esercizio (o con il mancato esercizio) del potere pubblico”. Tale giurisdizione comprende dunque tutte le azioni risarcitorie consequenziali all’adozione del vincolo preordinato all’esproprio e alla dichiarazione di pubblica autorità, mentre spettano al giudice ordinario le sole controversie relative alla determinazione e alla corresponsione delle indennità conseguenti all’adozione di atti di natura espropriativa.

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Tratto da www.lestradedellinformazione.it