DISTANZE TRA EDIFICI: I BALCONI AGGETTANTI DEVONO RISPETTARE I 10 METRI

Nella regolamentazione riguardante le distanze tra le costruzioni, la regola dei 10 metri si applica anche ai balconi che sporgono, così come a qualsiasi struttura saliente che, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, amplia la superficie abitabile degli spazi adiacenti.

Ma come funziona la regola dei 10 metri quando si tratta di balconi sporgenti tra gli edifici?

Il Consiglio di Stato ha risposto a questa domanda nella sentenza 3398/2024 del 15 aprile, che è interessante perché tratta, tra le altre cose, del rapporto tra il Codice Civile e il DM 1444/1968. Inoltre, chiarisce le norme in materia e spiega chiaramente che non è possibile realizzare balconi sporgenti nel caso in cui due edifici siano già distanti meno di 10 metri.

Il caso in questione riguarda la disputa del ricorrente contro una decisione comunale che lo ha invitato a non procedere con i lavori di ristrutturazione che includono la costruzione di due balconi sporgenti su una parte scoperta di sua proprietà. In particolare, il Comune ha stabilito che, dato che si tratta di un edificio isolato senza altri edifici adiacenti, sono consentite solo aperture del tipo “luci”.

Tuttavia, il ricorrente sostiene di avere il diritto di aprire “vedute”, con i soli limiti previsti dall’articolo 905 del Codice Civile, e che comunque l’opera in questione non può essere considerata una “costruzione”. Il TAR ha respinto il ricorso, applicando il Decreto Ministeriale del 2 aprile 1968, n. 1444 (che prevede una distanza tra edifici non inferiore a 10 metri) e classificando l’opera in questione come “costruzione”.

Ora, la questione è stata portata al Consiglio di Stato. Le norme sulle distanze tra edifici Innanzitutto, Palazzo Spada richiama l’articolo 41-quinquies della legge 1150/1942, che è stato successivamente attuato dal Decreto Ministeriale n. 1444/1968. Questo decreto, all’articolo 9, stabilisce le distanze minime tra edifici in base alle differenti zone territoriali omogenee. In particolare:

– per i nuovi edifici ubicati nella zona B (che è rilevante in questo caso) “è obbligatoria, in ogni caso, una distanza minima assoluta di 10 metri tra le pareti finestrate e le pareti degli edifici adiacenti”.

Una soluzione intelligente per misurare le distanze tra le costruzioni: Il calcolo delle distanze tra le costruzioni deve essere effettuato in modo preciso e lineare, tracciando linee perpendicolari tra gli edifici. Questo approccio rispetta pienamente il principio legale che richiede una distanza di almeno 10 metri tra le pareti finestrate degli edifici di fronte, considerando ogni punto degli edifici e non solo le parti che si trovano di fronte l’una all’altra. Il caso specifico: Nel caso specifico, è evidente che l’edificio in questione si trova in una zona B, e che la parte antistante l’altro edificio non rispetta la distanza regolamentare, cioè inferiore ai 10 metri prescritti come limite minimo inderogabile dall’articolo 9 del Decreto Ministeriale 1444/1968. Pertanto, l’assunto dell’appellante secondo il quale l’assenza di riferimento alla distanza tra le costruzioni nel provvedimento impugnato rende irrilevante e insignificante il richiamo alla normativa del DM 1444/1968 è infondato. In realtà, il riferimento nel provvedimento alla distanza non regolamentare si riferisce proprio alla distanza prevista dall’art. 9 del DM 1444/1968, anche se i relativi riferimenti normativi non sono stati esplicitamente menzionati.

Distanze tra edifici: solo luci consentite, niente balconi sporgenti. Quindi, è legittimo che il provvedimento impugnato non abbia consentito la realizzazione dei balconi sporgenti in questione, poiché solo aperture di tipo “luci” sono permesse di fronte a un altro edificio non rispettando la distanza regolamentare. Infatti, la costruzione dei due balconi sporgenti, con una larghezza di soli 60-70 cm, violerebbe il limite legale di distanza minima inderogabile dell’art. 9 del DM 1444/1968, considerando che i due edifici fronteggianti sono già a una distanza inferiore a tale limite (la soluzione si arresterebbe a una distanza superiore a 3,5 metri dal fabbricato vicino). Non ha alcuna importanza – chiude Palazzo Spada – le caratteristiche dell’opera (di dimensioni modeste, appoggiata sulla proprietà stessa e priva di pericolose cavità interne) per verificare la legittimità dell’intervento, poiché tali caratteristiche non escludono che l’opera rientri nella definizione di “costruzione” che ha un impatto sulle distanze minime legali (art. 873 c.c.), in quanto rappresentano sporgenze solide e stabili degli edifici, destinate anche ad aggiungere e ampliare la parte effettivamente utilizzabile a scopo abitativo dell’immobile, a differenza di una funzione esclusivamente artistica o ornamentale. A tal proposito, è importante ricordare che nella valutazione dell’osservanza delle distanze, secondo l’art. 9 del DM 1444/1968, si devono considerare i balconi, così come tutte le sporgenze destinate, per le loro caratteristiche strutturali e funzionali, ad ampliare la superficie abitabile degli ambienti adiacenti (recentemente confermato dal Consiglio di Stato, sezione VI, il 10 ottobre 2023, n. 8834).

Distanze minime tra edifici, vedute, vista frontale: la regola dei 10 metri non si applica alle aperture luminose. L’articolo 9 del D.M. 1444/1968 stabilisce la distanza minima obbligatoria tra le “pareti esterne con finestre e pareti di edifici di fronte”, facendo riferimento esclusivamente alle pareti dotate di finestre che offrono una vista, e non considerando le pareti che hanno solo aperture.

Per calcolare i 10 metri, si escludono elementi come fregi, sculture sporgenti e simili che hanno solo una funzione decorativa. È stato chiarito che “i balconi devono sempre essere considerati nel calcolo della distanza tra gli edifici e tra gli edifici e il confine. Le sole parti che non devono essere tenute in considerazione in questo calcolo sono gli elementi sporgenti che hanno esclusivamente una funzione artistica e decorativa, come fregi, sculture sporgenti e simili” (Cass. civ., sez. II, 17 settembre 2021, n. 25191).

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