TAR LOMBARDIA SEZ.III Sent. n.496 del 18 gennaio 2018

TAR LOMBARDIA SEZ.III Sent. n.496 del 18 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3013 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Iole Patrizia Badoni e Anna Bertoli, rappresentate e difese dall’avvocato Massimo Berton, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via C.G. Merlo, n. 1; contro Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio eletto in Milano, via Freguglia, n.1; Comune di Maccagno con Pino e Veddasca, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito; per l’annullamento quanto al ricorso introduttivo: – del provvedimento di autorizzazione paesaggistica del Comune di Maccagno con Pino e Veddasca del 13/10/2016 (Prot. n. 6324), notificato alle ricorrenti il successivo 15/10/2016, con il quale è stato approvato, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 156 del D.lgs. n. 42/2004, il progetto dalle stesse presentato, nella parte in cui prescrive il non inserimento dei pannelli fotovoltaici nell’ambito delle opere da eseguirsi; – del Parere positivo condizionato reso in data 8/8/2016 dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Territorio – Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per le Provincia di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese (Prot. n. 27603 BB.NN), allegato al provvedimento di cui sopra, nella parte in cui prescrive il non inserimento dei pannelli fotovoltaici nell’ambito delle opere da eseguirsi; – in quanto occorrer possa, del Parere della Commissione per il Paesaggio del Comune di Maccagno, espresso nella seduta del 26/6/2017, con verbale n. 4/7, il cui contenuto non è conosciuto non essendo stato comunicato alle ricorrenti; nonché di ogni atto presupposto, conseguente o comunque connesso. quanto al ricorso per motivi aggiunti – del Provvedimento di autorizzazione paesaggistica del Comune di Maccagno con Pino e Veddasca del 11/04/2017 (Prot. n. 6324), notificato al difensore in data 12 giugno 2017 con cui l’Amministrazione comunale si è pronunciata in conformità al nuovo parere della Soprintendenza; – del parere positivo condizionato reso in data 15/3/2017 dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Territorio – Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per le Provincia di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese (Prot. n. 27603 BB.NN), allegato al provvedimento di cui sopra, nella parte in cui prescrive nuovamente il non inserimento dei pannelli fotovoltaici nell’ambito delle opere da eseguirsi.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo;
Viste le memorie difensive; Visti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2018 la dott.ssa Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Le ricorrenti sono proprietarie di un fabbricato sito in Maccagno con Pino e Veddasca (VA), alla Via Argentina n. 8, contraddistinto al Catasto dei fabbricati nel medesimo Comune al Foglio 4 Mappale n. 220. Al fine di rimuovere la vetusta tettoia e di creare un nuovo e più ordinato accesso, le proprietarie presentavano all’Amministrazione comunale un progetto, che prevedeva, appunto, la demolizione della vecchia tettoia, con la realizzazione di una nuova, munita di pannelli fotovoltaici, e la realizzazione di una nuova scala di ingresso. Poiché l’immobile ricade in una zona sulla quale grava vincolo paesaggistico, le ricorrenti avanzavano prodromica istanza di autorizzazione ex art. 146 del D.lgs. n. 42/2004. Con atto in data 26 giugno 2016, la Commissione per il Paesaggio del Comune di Maccagno esprimeva il proprio parere. Veniva quindi interessata la competente Soprintendenza, che, con atto in data 23 luglio 2016, esprimeva parare positivo in relazione alle opere da eseguirsi, ma vietava la posa dei pannelli fotovoltaici sulla nuova tettoia, in considerazione della sottoposizione a vincolo paesaggistico della zona in cui insiste l’immobile. Sulla base di tale parere il Comune approvava il progetto ai sensi dell’art. 146 del D.lgs. 42/2004 a condizione che non fossero inseriti i pannelli fotovoltaici.
Avverso tale provvedimento le interessate proponevano il ricorso indicato in epigrafe, accompagnato da domanda cautelare. Si costituiva in giudizio il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto. Il Comune invece, seppur ritualmente intimato, non si costituiva. Con ordinanza n. 132 del 25 gennaio 2017 il Tar accoglieva la domanda cautelare disponendo che la Soprintendenza si pronunciasse, ai sensi dell’art. 146 comma 8 del D.lgs. n. 42/2004, con un nuovo parere, “valutando in concreto (quindi tenuto conto del progetto e di tutte le sue caratteristiche, della posizione dell’immobile in questione e del vincolo cui è assoggettata l’area) la compatibilità delle opere; entro i successivi 20 giorni, il Comune dovrà pronunciarsi in conformità, ai sensi della richiamata disposizione”. A seguito dell’ordinanza la Soprintendenza con parere reso in data 15 marzo 2017 prescriveva nuovamente il non inserimento dei pannelli fotovoltaici nell’ambito delle opere da eseguire. Conseguentemente il Comune di Maccagno con Pino e Veddasca adottava il provvedimento di autorizzazione paesaggistica dell’11 aprile 2017 (Prot. n. 6324), in conformità al nuovo parere della Soprintendenza. Avverso tale nuovo provvedimento le ricorrenti proponevano ricorso per motivi aggiunti depositato in data 1° settembre 2017. In vista della trattazione nel merito le parti scambiavano scritti difensivi, insistendo nelle rispettive conclusioni. Indi all’udienza pubblica del 12 gennaio 2018 la causa veniva chiamata e trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso introduttivo è affidato ai motivi di gravame di seguito sintetizzati:
1) Violazione dell’articolo 10 bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241: l’Amministrazione procedente non avrebbe comunicato alle interessate il preavviso di rigetto;

2) Violazione dell’art.146 del D.lgs. n. 42/2004; Violazione delle DDGR 30 dicembre 2009, n. VIII/10974 e 22 dicembre 2011, n. IX/2727; violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990; eccesso di potere per difetto di ponderazione, carenza e contraddittorietà della motivazione: l’affermazione contenuta nel parere della Soprintendenza secondo cui “le opere se realizzate comporterebbero un’alterazione negativa dell’immagine consolidata del luogo, interferendo con la percezione delle aree, caratterizzate da valore paesaggistico” evidenzia incongruenze e un sostanziale difetto di motivazione. Sotto il primo profilo sarebbe erroneo il riferimento alla D.G.R. n. V111/10974 dedicata agli interventi su immobili ricadenti all’interno dei nuclei di antica formazione, dato che l’edificio per cui è causa si troverebbe all’esterno del nucleo. La stessa relazione paesaggistica allegata alla richiesta di autorizzazione evidenzierebbe come il fabbricato per cui è ricorso ricada in zona A4 (residenza a media densità), laddove il nucleo antico è tutto ricompreso in zona Al (nucleo antico). Inoltre, l’edificio non avrebbe alcuna “evidente e riconoscibile caratterizzazione architettonica e su edifici e manufatti storici o storicizzati” come richiesto dalla predetta DGR. Sotto il profilo motivazionale il parere sarebbe del tutto carente;

3) Violazione dell’art.146 del D.lgs. n. 42/2004; Violazione delle DDGR 30 dicembre 2009, n. VIII/10974 e 22 dicembre 2011, n. IX/2727; violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990, sotto altri profili: l’esistenza di un vincolo di natura paesaggistica non impedirebbe tout court la posa di pannelli fotovoltaici (così come la realizzazione di qualsiasi altra opera), ma comporterebbe la necessità di operare una preliminare valutazione di compatibilità tra il vincolo medesimo e le nuove opere che si intendono realizzare. L’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo, pertanto, avrebbe dovuto
operare (non in astratto, bensì) in concreto siffatta valutazione di compatibilità, che risulterebbe sussistere, tenuto conto dei pochi pannelli da inserire nella tettoia di modeste dimensioni e considerato che l’installazione di pannelli fotovoltaici è attualmente incentivata, e resa obbligatoria per i nuovi edifici, in coerenza con l’obiettivo di interesse nazionale del passaggio alla produzione di energia da fonti rinnovabili (v. art. 11 del D.lgs. 3 marzo 2011 n. 28). Il ricorso per motivi aggiunti proposto avverso il nuovo parere della Soprintendenza e la conseguente nuova autorizzazione paesaggistica comunale è affidato ai motivi di seguito sintetizzati: 1) violazione dell’ar.146 del D.lgs. n. 42/2004; Violazione delle DDGR 30 dicembre 2009, n. VIII/10974 e 22 dicembre 2011, n. IX/2727; violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990; eccesso di potere per difetto di ponderazione, carenza e contraddittorietà della motivazione: la Soprintendenza si sarebbe limitata a riformulare un parere identico a quello già impugnato, parafrasando l’originaria motivazione. Ed invero l’edificio in questione non sorgerebbe nel centro storico né in alcun nucleo di antica formazione, essendo collocato al di fuori di tale zona; inoltre non presenterebbe alcun elemento di evidente e riconoscibile caratterizzazione architettonica né certamente può essere definito edificio storico. L’affermazione secondo la quale la falda sarebbe visibile da spazi pubblici sarebbe del tutto generica, non facendo neppure rifermento a quali sarebbero in concreto questi “spazi pubblici”. Ancora una volta, la supposta incompatibilità tra l’impianto e «l’aspetto tradizionale del costruito» viene apoditticamente affermata, ma non dimostrata. 2) violazione dell’ar.146 del D.lgs. n. 42/2004; Violazione delle DDGR 30 dicembre 2009, n. VIII/10974 e 22 dicembre 2011, n. IX/2727; violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990 sotto altri profili; eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto di ponderazione, illogicità, ingiustizia grave e manifesta:
l’intervento oggetto dell’istanza sarebbe compatibile con il vincolo gravante sulla zona, tenuto conto sia della zona in cui è collocato l’edificio, sia delle caratteristiche dell’edificio stesso sia della circostanza che il progetto proposto prevedrebbe la completa integrazione di pochi pannelli (essendo la tettoia di modeste dimensioni) all’interno della falda di copertura. I motivi di gravame in quanto intimamente connessi possono essere esaminati congiuntamente.

Va preliminarmente precisato che in sede cautelare il Tribunale aveva rilevato che il parere del 20 settembre 2016 della Soprintendenza, su cui si fonda l’autorizzazione paesaggistica comunale del 13 ottobre 2016, appariva sostenuto da una motivazione astratta, generica e non contestualizzata rispetto al concreto progetto presentato dalle ricorrenti. Il nuovo parere della Soprintendenza e la conseguente nuova autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune, impugnate con i motivi aggiunti, sono stati adottati non già quale nuova autonoma valutazione da parte delle Amministrazioni, bensì in esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 132/2017 che aveva imposto il riesame degli atti impugnati. Non si pone quindi un problema di improcedibilità del ricorso introduttivo, non avendo gli atti successivi sostituito quelli precedenti. Gli atti impugnati vanno pertanto considerati come strettamente collegati secondo una logica di progressiva formazione dei provvedimenti, con la conseguenza che vanno scrutinati sia il ricorso introduttivo sia quello per motivi aggiunti, le cui rispettive censure sono, come evidenziato sopra, del tutto analoghe. Ciò precisato, i ricorsi sono fondati. Si piò prescindere dall’esame del primo motivo del ricorso introduttivo attinente ad un vizio procedimentale. In termini generali va rammentato che l’autorizzazione paesistica deve essere congruamente motivata, esponendo le ragioni di effettiva compatibilità delle opere
da realizzare con gli specifici valori paesistici dei luoghi. Difatti, il paesaggio è un valore costituzionale primario e, pertanto, l’autorità amministrativa deve operare un giudizio in concreto circa il rispetto da parte dell’intervento progettato delle esigenze connesse alla tutela del paesaggio stesso. La determinazione dell’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione de qua non può essere affidata a criptiche clausole di stile che nulla espongono circa i concreti elementi di fatto e di diritto (cfr. ex plurimis Consiglio di Stato sez. II 9 novembre 2016 n. 2321).

La motivazione dell’autorizzazione paesaggistica deve consentire il riscontro dell’idoneità dell’istruttoria, dell’apprezzamento di tutte le rilevanti circostanze di fatto e della non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata sulla prevalenza di un valore in conflitto con quello tutelato in via primaria. Ne discende che l’autorità che esamina una domanda di autorizzazione paesaggistica deve manifestare la piena consapevolezza delle conseguenze derivanti dalla realizzazione delle opere, nonché della visibilità dell’intervento progettato nel più vasto contesto ambientale e non può fondarsi su affermazioni apodittiche, da cui non si evincano le specifiche caratteristiche dei luoghi e del progetto. Deve verificare se la realizzazione del progetto comporti una compromissione dell’area protetta, accertando in concreto la compatibilità dell’intervento con il mantenimento e l’integrità dei valori dei luoghi (T.A.R. Napoli sez. VII 10 ottobre 2016 n. 4650). Tali necessari e imprescindibili elementi non si riscontrano né nel primo né nel secondo parere della Soprintendenza. Ad avviso del Collegio il nuovo parere della Soprintendenza è solo apparentemente rispondente ad una valutazione in concreto della compatibilità paesaggistica dell’intervento, come richiesto dall’ordinanza cautelare, risultando di contro affetto dagli stessi vizi, sotto i profili motivazionale ed istruttorio, già rilevati in sede cautelare in relazione al precedente parere.
Ed invero nel dare parere positivo “a condizione che non siano inseriti i pannelli fotovoltaici” la Soprintendenza ha motivato come segue la propria valutazione: “L’edificio è collocato nel pregevole contesto paesaggistico del Lago Maggiore, limitrofo al centro storico; nell’azzonamento del Piano di Governo del Territorio del Comune, parte di esso rientra nella zona A1 Nucleo antico, mentre la restante, costituita da terrazza con relativa copertura destinata all’istallazione dei pannelli fotovoltaici ricade nella zona A4 Residenza a media densità. La proprietà (ovvero i mappati n. 255, e 2143) si trova a cavallo tra Nucleo antico e Zona A4, all’incrocio della via storica di Maccagno (Via Marconi e via Argentina). Anche non considerando le informazioni contenute nello strumento urbanistico e seppur l’edificio presenti la facciata su giardino modificata da precedenti ristrutturazioni, è evidente come l’isolato prospettante su via Marconi sia di antica formazione. Ulteriore elemento di storicità è il muro di recinzione in pietra scandito in sommità da elementi con sede di appoggio del vecchio pergolato. L’edificio ha subito delle trasformazioni che sono oramai storicizzate, ma che non precludono la via ad un progetto di riqualificazione dell’immobile con tecnologie e Materiali tradizionali e con l’eventuale eliminazione delle superfetazioni. L’edificio e l’isolato rientrano nei contesti menzionati nella Delibera della Giunta Regionale del 30 dicembre 2009 n. 8/10974 sopra menzionata, a questo si aggiunge che nelle vicinanze (a circa 60 mt) c’è un bene culturale denominato “La Gabella”. L’impianto fotovoltaico, visibile dalla vie Marconi e Argentina, modifica la matericità ed i cromatismi delle coperture, alterando l’aspetto tradizionale del costruito. La colorazione dei pannelli crea un forte contrasto non solo con il manto di copertura del terrazzo e dell’abitazione ma anche con quello degli edifici limitrofi appartenenti ai nucleo antico e non. La copertura in generale costituisce uno dei principali elementi di connotazione dell’edificato e l’uniformità di colori e materiali ha un aspetto particolarmente importante, Una caratteristica della zona in oggetto è l’uniformità in termini materici e cromatici dei materiali tradizionali (cotto, legno, pietra, intonaco colorato e non, ferro, ecc.). L’uniformità viene generalmente percepita dagli spazi pubblici, (come strade, piazze, se in pianura) ma anche da punti di osservazione leggermente più elevati come nel caso in questione (Rilievi del Verbano/fascia Prealpina).
Infine l’istallazione sulla falda non permette nessuna opera di mitigazione”. Va innanzi tutto osservato che il nuovo parere espresso dalla Soprintendenza muove da un presupposto di fatto errato, ovvero che parte dell’edificio rientri nella zona A1 Nucleo Antico del Comune di Maccagno. In realtà dall’esame dell’estratto del PGT del Comune allegato alla relazione paesaggistica presentata dalle istanti e prodotta in giudizio si ricava che il mappale 220 è del tutto esterno alla zona A1 Nucleo Antico. Poiché tale profilo è stato espressamente contestato sin dal ricorso introduttivo la Soprintendenza avrebbe dovuto prendere espressa posizione sul punto e congruamente documentare l’affermazione. D’altro canto la corretta collocazione dell’edificio sotto un profilo urbanistico costituisce un essenziale presupposto di fatto che, se errato, inficia ogni valutazione conseguente. Inoltre l’affermazione secondo cui l’edificio avrebbe subito “delle trasformazioni che sono ormai storicizzate” appare equivoca, laddove accostata al concetto di edificio storico, senza definirne più precisamente le concrete caratteristiche, che, stando alla documentazione fotografica prodotta dalla parte ricorrente, sembrano difficilmente rinvenibili nell’edificio in questione. Ed ancora l’affermata non conformità dei pannelli fotovoltaici alla tutela paesaggistica sembra rinvenirsi, nelle osservazioni della Soprintendenza, soltanto nell’aspetto cromatico (non meglio individuato). Tuttavia viene imposto non già di utilizzare un colore che possa meglio inserirsi nel contesto bensì di non utilizzare affatto i pannelli. E’ evidente che tale conclusione appare sproporzionata rispetto alle stesse (seppur evasive) valutazioni della Soprintendenza. In relazione ai materiali, poi, neppure precisamente identificati, le osservazioni appaiono altrettanto generiche (“La copertura in generale costituisce uno dei principali elementi di connotazione dell’edificato e l’uniformità dei colori e dei materiali ha un aspetto particolarmente importante”).
Infine va rilevato che secondo un orientamento che il Collegio condivide pienamente la sola visibilità di pannelli fotovoltaici da punti di osservazione pubblici non configura ex se un’ipotesi di incompatibilità paesaggistica, in quanto la presenza di impianti fotovoltaici sulla sommità degli edifici – pur innovando la tipologia e morfologia della copertura – non è più percepita come fattore di disturbo visivo, bensì come un’evoluzione dello stile costruttivo accettata dall’ordinamento e dalla sensibilità collettiva (T.A.R. Veneto, sez. II, 13 settembre 2013 n. 1104; id., 25 gennaio 2012, n. 48). È altresì precisato che il favor legislativo per le fonti energetiche rinnovabili richiede di concentrare l’impedimento assoluto all’installazione di impianti fotovoltaici in zone sottoposte a vincolo paesistico unicamente nelle “aree non idonee” espressamente individuate dalla regione (nel caso di specie, come già rilevato l’edificio non rientra affatto nella zona A1 Nucleo Antico del PGT del Comune), mentre negli altri casi, la compatibilità dell’impianto fotovoltaico con il suddetto vincolo deve essere esaminata tenendo conto del fatto che queste tecnologie sono ormai considerate elementi normali del paesaggio (T.A.R. Brescia, sez. I, 17 dicembre 2010 n. 904). In altre parole la presenza di pannelli sulla sommità degli edifici non deve più essere percepita soltanto come un fattore di disturbo visivo, ma anche come un’evoluzione dello stile costruttivo accettata dall’ordinamento e dalla sensibilità collettiva, purché non sia modificato l’assetto esteriore complessivo dell’area circostante, paesisticamente vincolata (T.A.R. Catania, sez. I, 19 giugno 2017, n. 1459; T.A.R. Firenze, sez. I, 9 marzo 2017, n. 357; Cons. Stato, sez. VI 18 gennaio 2012 n. 1799). Per le ragioni che precedono sia il ricorso introduttivo sia il ricorso per motivi aggiunti meritano accoglimento e per l’effetto vanno annullati gli atti impugnati. Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo seguono la soccombenza e sono poste a carico della Ministero intimato, potendo invece essere compensate nei confronti
del Comune, essendo l’autorizzazione paesaggistica sostanzialmente vincolata al parere della Soprintendenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, – accoglie il ricorso introduttivo e per l’effetto annulla gli atti impugnati; – accoglie il ricorso per motivi aggiunti e per l’effetto annulla gli atti impugnati. Condanna il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo al pagamento a favore delle ricorrenti delle spese del presente giudizio che liquida in € 4.000,00 (quattromila) oltre oneri fiscali, previdenziali e spese generali di legge. Spese compensate nei confronti del Comune di Maccagno con Pino e Veddasca. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2018