Sentenza TAR Campania (NA) Sez. VIII n. 183 del 10 gennaio 2018

Sentenza TAR Campania (NA) Sez. VIII n. 183 del 10 gennaio 2018

L’inedificabilità dell’area asservita o accorpata ovvero la sua avvenuta utilizzazione a fini edificatori, costituisce una qualità obiettiva del fondo, come tale opponibile ai terzi acquirenti, e produce l’effetto di impedirne l’ulteriore edificazione oltre i limiti consentiti, a nulla rilevando che la proprietà dell’area sia stata trasferita ad altri, che l’edificazione sia direttamente ascrivibile a questi ultimi, che manchino specifici negozi giuridici privati diretti all’asservimento o che l’edificio insista su una parte del lotto catastalmente divisa. Diversamente opinando, gli indici (di densità territoriale, di fabbricabilità territoriale e di fondiaria) del piano urbanistico sopravvenuto, che conformano il diritto di edificare, si rivelerebbero vani e privi di significato, in quanto le aree sulle quali sono stati operati frazionamenti verrebbero ad esprimere una cubatura maggiore di quella consentita alla stregua delle sopravvenute previsioni, in relazione a tutta la loro estensione considerata dal nuovo piano, con la conseguenza di pregiudicare la stessa finalità della strumentazione, di permettere un ordinato sviluppo del territorio. Fonte: @lexambiente.it

Pubblicato il 10/01/2018

N. 00183/2018 REG.PROV.COLL.

N. 06675/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6675 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Pasquale Russo e Francesca Plastina, rappresentati e difesi dall’avv. Stefano La Marca, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del T.A.R. Campania, in Napoli, piazza Municipio, 64;

contro

Comune di Casagiove, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Gaetano Patari, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del T.A.R. Campania, in Napoli, piazza Municipio, 64;

nei confronti di

Nicla Costruzioni Srl Unipersonale, rappresentata e difesa dall’avv. Angelo Cocozza, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fiorella Zemella in Napoli, via Letizia ai Colli Aminei, 8;

per l’annullamento

con ricorso introduttivo, del permesso di costruire n.30 del 2013 rilasciato dal Comune di Casagiove in favore della NICLA Costruzioni s.r.l. unipersonale e, se ed in quanto lesivo, del provvedimento per silentium formatosi sull’istanza proposta dai ricorrenti al Comune di Casagiove volta a sollecitare l’esercizio delle verifiche di legittimità dell’azione amministrativa, mediante il potere di autotutela; di ogni altro atto preordinato, successivo o connesso a quello impugnato se ed in quanto lesivo degli interessi dei ricorrente; nonché per il risarcimento del danno subito.

con ricorso per motivi aggiunti, della nota prot. 1123 del 27.1.2015 del Comune che rileva la correttezza del permesso di costruire e del calcolo dell’indice di fabbricabilità disponibile;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Casagiove e di Nicla Costruzioni Srl Unipersonale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2017 il dott. Fabrizio D’Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Le parti ricorrenti sono proprietari del fondo limitrofo a quello in cui la Nicla Costruzioni srl Unipersonale sta procedendo alla costruzione di un fabbricato per civili abitazioni, in virtù del permesso a costruire n. 30 del 6.5.2013 rilasciato dal Comune di Casagiove.

Le medesime parti ricorrenti affermano che, in data 12.7.1982, Russo Pasquale ha acquistato dai coniugi Petriccione Francesco e Antonucci Maria e dai coniugi Petriccione Girolamo e Natale Carmela, l’appezzamento di terreno di natura agricola, sito in Casagiove alla località “Alveo Marotta”, avente una superficie di are dieci e distinto in catasto dalla particella 319/E – foglio 4 e particella 320/G – foglio 4. Tale fondo veniva distaccato da un fondo maggiore di proprietà dei medesimi venditori e unitamente alla cessione dell’area veniva asservita la totale capacità edificatoria dell’intero fondo agricolo di proprietà dei venditori, secondo gli indici edificatori dell’epoca. In particolare, i ricorrenti ottenevano dal Comune di Casagiove la voltura a proprio nome della concessione edilizia n. 77 del 17.12.1980, richiesta dai precedenti proprietari del fondo. La concessione edilizia veniva rilasciata a gravare sulla (ed esaurire la) capacità edificatoria di tutto il fondo di proprietà dei venditori (come da atto di asservimento registrato al n. 1447 del 17.06.1981) per una cubatura di mc 594.

I ricorrenti affermano, quindi, di essere, così, divenuti titolari di tutta la capacità edificatoria dell’intero lotto.

Successivamente il fondo veniva frazionato in quattro particelle (n.319, 319/E, 320, 320/G).

Nel 2012 veniva approvata una variante del PRG del Comune in questione, che ha elevato l’indice di fabbricabilità dell’area da 0,10 mc/mq (corrispondente a zona agricola) a 1,5 mc/mq (corrispondente a Zona B2).

La NICLA Costruzioni s.r.l. ha acquistato due dei lotti di terreno in questione (corrispondenti alle particelle n. 319 e n. 320) e, in data 8.8.2012, ha chiesto al Comune di Casagiove il rilascio di un permesso a costruire sul fondo formato da queste due particelle.

Seguivano delle contestazioni da parte delle attuali parti ricorrenti. Queste ultime affermano essere stata stipulata con la controinteressata una scrittura privata, avente a oggetto l’utilizzo della volumetria del fondo, a seguito della quale i medesimi ricorrenti avrebbero assentito al rilascio del permesso di costruire n. 30 del 6.5.2013.

Tale scrittura privata, sempre secondo le parti ricorrenti, non sarebbe stata successivamente onorata dalla NICLA Costruzioni s.r.l. e, anzi, sarebbe stata dalla stessa disconosciuta.

La parti ricorrenti hanno presentato, in data 13.10.2014, al Comune di Casagiove un’istanza di accesso agli atti per verificare le caratteristiche dell’immobile assentito e sollecitare l’Ente locale al doveroso esercizio del potere di autotutela per la verifica della legittimità del rilasciato permesso di costruire.

Le medesime parti ricorrenti hanno quindi, impugnato l’indicato permesso a costruire n. 30 del 6.5.2013, nonchè ogni altro atto preordinato, successivo o connesso e l’eventuale provvedimento formatosi per silentium sull’istanza di esercizio del potere di autotutela. Hanno, quindi, chiesto l’annullamento del titolo abilitativo edilizio sulla base di un unico articolato motivo di ricorso.

Assumono i ricorrenti che la capacità edificatoria dell’originario (e più ampio) fondo è stata oggetto di asservimento (con atto registrato al n. 1447 del 17.06.1981 dall’Ufficio del Registro di Caserta) in loro favore, a seguito della voltura della concessione edilizia n° 77 del 17.12.1980.

Solo ai ricorrenti spetterebbe, quindi, l’aumento di capacità edificatoria previsto dalla Variante al PRG.

La società controinteressata, dopo aver disconosciuto l’accordo con i ricorrenti che le trasferiva la necessaria capacità edificatoria, non potrebbe, pertanto, edificare, non essendo titolare della stessa, già asservita alla proprietà dei ricorrenti.

Le parti ricorrenti affermano, in subordine, che anche se non si volesse riconoscere asservita al loro fondo la capacità edificatoria derivante dalla variante al PRG, si dovrebbe comunque ritenere già “consumata” e non utilizzabile per la nuova edificazione la volumetria inizialmente asservita al fondo di loro proprietà, pari al precedente indice fondiario 0,10, integralmente utilizzato per il permesso di costruire del fabbricato del loro fondo.

Secondo quanto indicato dai ricorrenti, infatti, la restante quota di indice fondiario parti a 1,4 (1,5 attualmente prevista dopo la variante meno la quota relativa allo 0,10 già realizzata) non sarebbe sufficiente alle realizzazione del progetto assentito perché a fronte di una superficie di mq. 1520,00 è stata progettata una volumetria di 2275,23 mc., compatibile con il calcolo 1520 x 1,5 (uguale a 2280,00 mc.), ma non secondo la corretta formula 1520 x 1,4 (uguale a mc 2128,00).

Inoltre, le parti ricorrenti indicano di aver aderito al condono edilizio di cui alla legge 28 febbraio 1985, n. 47 (ottenendo la concessione edilizia in sanatoria, la n. 1/98), relativo alla realizzazione di un ulteriore fabbricato a mc 1089,56, la cui cubatura andrebbe, quindi, ulteriormente scorporata da quella realizzabile sull’area.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Casagiove e Nicla Costruzioni Srl Unipersonale resistendo al ricorso.

L’adito T.A.R., con ordinanza n. 2646/2017 ha disposto istruttoria e, in particolare, ha ordinato:

– al Comune di Casagiove di indicare dettagliatamente, depositando i necessari allegati, l’entità delle volumetrie realizzate sulle particelle di proprietà Russo-Plastina e quelle assentite sulle particelle di proprietà Nicla Costruzione, distinte per singoli manufatti realizzati; – a entrambe le parti di chiarire se l’atto di asservimento, oltre a essere stato registrato presso l’Ufficio di Registro di Caserta, risulti essere stato trascritto nei registri immobiliari, compaia sul certificato di destinazione urbanistica o risulti da altro atto idoneo alla conoscibilità da parte dei terzi.

In particolare, la parte controinteressata ha indicato che, in ogni caso, le parti ricorrenti hanno assentito al residuo di cubatura scaturente dall’atto di asservimento con atto notificato al Comune di Casagiove, in base al quale il medesimo Comune ha rilasciato il permesso di costruire.

Il Comune di Casagiove ha rilevato come dall’atto di compravendita del terreno non fosse evincibile alcun diritto di asservimento dell’area in favore di altre particelle.

Le parti ricorrenti hanno formulato ricorso per motivi aggiunti nei confronti della nota prot. 1123 del 27.1.2015, conosciuta a seguito del deposito in giudizio, con la quale i responsabili tecnici dell’Ente hanno confermato la correttezza del permesso di costruire e del calcolo dell’indice di fabbricabilità disponibile, contestandone i contenuti e ribadendo le ragioni di illegittimità degli atti già indicate.

La parte resistente e la società controinteressata hanno formulato argomentazioni difensive.

DIRITTO

1) Il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti si palesano fondato nei termini e limiti che seguono.

In punto di diritto il Collegio premette che, secondo consolidati principi espressi dalla giurisprudenza, il diritto di edificare inerisce alla proprietà dei suoli nei limiti stabiliti dalla legge e dagli strumenti urbanistici (Corte Cost. n. 5 del 1980), tra i quali quelli diretti a regolare la densità di edificazione ed espressi negli indici di fabbricabilità. Il diritto di edificare, pertanto, è conformato anche da tali indici, di modo che ogni area non è idonea ad esprimere una cubatura maggiore di quella consentita dalla legge (art. 4, u. c., L. 28 gennaio 1977, n. 10 ) e dallo strumento urbanistico, e, corrispondentemente, qualsiasi costruzione, anche se eseguita senza il prescritto titolo, impegna la superficie che, in base allo specifico indice di fabbricabilità applicabile, è necessaria per realizzare la volumetria sviluppata.

Di qui il principio, fermo in giurisprudenza, secondo cui “un’area edificatoria già utilizzata a fini edilizi è suscettibile di ulteriore edificazione solo quando la costruzione su di essa realizzata non esaurisca la volumetria consentita dalla normativa vigente al momento del rilascio dell’ulteriore permesso di costruire, dovendosi considerare non solo la superficie libera ed il volume ad essa corrispondente, ma anche la cubatura del fabbricato preesistente al fine di verificare se, in relazione all’intera superficie dell’area (superficie scoperta più superficie impegnata dalla costruzione preesistente), residui l’ulteriore volumetria di cui si chiede la realizzazione (Cons. Stato Sez. IV, 26/09/2008, n. 4647; Cons. di Stato, sez. V, 12 luglio 2004 n. 5039), a nulla rilevando che questa possa insistere su una parte del lotto catastalmente divisa (Cons. di Stato, sez. V, 28 febbraio 2001 n. 1074).

Ai fini del calcolo della volumetria realizzabile, infatti, non rileva la circostanza che l’unico fondo del proprietario sia stato suddiviso in catasto in più particelle, dovendosi verificare l’esistenza di più manufatti sul fondo dell’originario unico proprietario (Cons. Stato, sez. V, 26 novembre 1994 n. 1382).

Ai sensi dell’ art. 7 della l. 17 agosto 1942 n. 1150, il Comune disciplina, con il Piano regolatore generale, l’assetto urbanistico dell’intero territorio comunale, in particolare prevedendo “la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all’espansione dell’aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona”.

Le previsioni del Piano servono a conformare l’edificazione futura e non anche le costruzioni esistenti al momento dell’entrata in vigore del Piano o di una sua variante (Cons. Stato, sez. IV, 18 giugno 2009 n. 4009), ciò facendo con prescrizioni tendenzialmente a tempo indeterminato, in quanto conformative delle destinazioni dei suoli (Cons. Stato, sez. II, 18 giugno 2008 n. 982).

Proprio per le sue caratteristiche di strumento di pianificazione e di indicazione delle sue possibilità di utilizzo, è del tutto evidente che lo strumento urbanistico, nel disporre le future conformazioni del territorio, considera le sole “aree libere”, tali dovendosi ritenere quelle “disponibili” al momento della pianificazione, e ancor più precisamente quelle che non risultano già edificate (in quanto costituenti aree di sedime di fabbricati o utilizzate per opere di urbanizzazione), ovvero quelle che, nel rispetto degli standard urbanistici, risultano comunque già utilizzate per l’edificazione (in quanto asservite alla realizzazione di fabbricati, onde consentirne lo sviluppo volumetrico).

D’altra parte, diversamente opinando, ogni nuova pianificazione risulterebbe del tutto scollegata dalla precedente, potendo da questa prescindere, e di volta in volta riguarderebbe, senza alcuna contestualizzazione storica, una parte sempre più esigua del territorio comunale (cioè quella non ancora occupata da immobili e manufatti), valutata ex novo.

In sostanza il concetto di asservimento urbanistico per esaurimento della capacità edificatoria opera obiettivamente ed è opponibile anche al terzo acquirente pur in assenza di trascrizione del vincolo nei registri immobiliari (Cons. di Stato, sez. V, n. 387/1998); esso consegue di diritto per il solo effetto del rilascio di legittime concessioni edilizie che determina l’esaurimento della capacità edificatoria stabilita dallo strumento urbanistico. Si tratta di un asservimento giuridico oggettivo tipico del regime conformativo dei suoli, sicché la mancata indicazione di tale effetto nella concessione edilizia o della relativa trascrizione della stessa come di un atto di cessione (pur aventi la valenza giuridica di determinare e pubblicizzare l’asservimento) non possono contrastare l’asservimento urbanistico che si determina in ragione dell’esaurimento della volumetria disponibile, ignorato dalla concessione o dall’atto di cessione (Cons. Stato Sez. IV, 05-02-2015, n. 562).

In conclusione, l’inedificabilità dell’area asservita o accorpata ovvero la sua avvenuta utilizzazione a fini edificatori, costituisce una qualità obiettiva del fondo, come tale opponibile ai terzi acquirenti, e produce l’effetto di impedirne l’ulteriore edificazione oltre i limiti consentiti, a nulla rilevando che la proprietà dell’area sia stata trasferita ad altri, che l’edificazione sia direttamente ascrivibile a questi ultimi, che manchino specifici negozi giuridici privati diretti all’asservimento o che l’edificio insista su una parte del lotto catastalmente divisa. Diversamente opinando, gli indici (di densità territoriale, di fabbricabilità territoriale e di fondiaria) del piano urbanistico sopravvenuto, che conformano il diritto di edificare, si rivelerebbero vani e privi di significato, in quanto le aree sulle quali sono stati operati frazionamenti verrebbero ad esprimere una cubatura maggiore di quella consentita alla stregua delle sopravvenute previsioni, in relazione a tutta la loro estensione considerata dal nuovo piano, con la conseguenza di pregiudicare la stessa finalità della strumentazione, di permettere un ordinato sviluppo del territorio (T.A.R. Campania Salerno Sez. I, 16-04-2013, n. 890).

Quanto al caso di specie, il rilascio della concessione edilizia n. 77 del 17.12.1980, poi volturata in favore delle parti ricorrenti, sul lotto oggetto di asservimento nel 1981, ha comportato l’utilizzo dell’intera volumetria realizzabile secondo l’indice volumetrico dello 0,10 all’epoca esistente in quanto zona agricola, con l’edificazione di un fabbricato di cubatura pari a mc 594.

Tale volumetria deve considerarsi come essere stata ormai utilizzata e a nulla vale che l’area sia stata frazionata e in parte appartenga a dei soggetti diversi. Tale indice volumetrico non può più essere utilizzato nell’ambito dell’intero (più ampio) lotto inziale.

L’aumento di indice di fabbricabilità da 0,10 a 1,50, dovuto al cambio di destinazione d’uso della zona in seguito alla Varante al PRG, non può invece considerarsi riservato alle parti ricorrenti in forza della cessione di cubatura inizialmente effettuata in sede di voltura della concessione edilizia n. 77 del 17.12.1980. L’asservimento operato ha riguardato, infatti, la realizzazione di quella sola costruzione, senza che sia stata operata la cessione di ogni futura possibile cubatura inerente al terreno. Peraltro tale cessione non risulta nemmeno essere stata formalizzata in un atto debitamente trascritto, né compare sul certificato di destinazione urbanistica dell’area (stante la mancata allegazione di specifici elementi sul punto ancorchè richiesti in via istruttoria), e, quindi, certamente non poteva operare per il futuro e nei confronti di ogni terzo proprietario del terreno.

La società controinteressata, pertanto, non poteva utilizzare la cubatura inizialmente prevista per la zona agricola pari all’indice di fabbricabilità dello 0,10, perché già “consumata”, mentre poteva beneficiare in pieno dell’aumento dell’indice di fabbricabilità pari a 1,4.

Il permesso di costruire rilasciato in favore della società controinteressata, tuttavia, prevede uno sviluppo di cubatura pari a 2275,23 mc. a fronte di una superficie di mq. 1520,00 e quindi maggiore di quanto realizzabile secondo il corretto sviluppo della formula 1520 x 1,4 (uguale a mc 2128,00). In sostanza il progetto è stato assentito tenendo conto dell’intero indice di fabbricabilità dell’area 1,5 (1520 x 1,5 uguale a 2280,00 mc.), senza quindi tener conto che alla stessa andava scomputata la volumetria dell’iniziale zona agricola già a suo tempo “consumata”.

In tal senso del tutto generica è rimasta l’affermazione contenuta nella nota n. 1123 del 27.1.2015 del Comune, secondo cui la somma delle volumetrie realizzate sulle particelle di proprietà dei ricorrenti e quella in corso di realizzazione sulle particelle della Nicla Costruzione non supera la volumetria massima consentita dal PRG vigente, a fronte degli specifici rilievi delle parti ricorrenti suffragati anche da documentazione tecnica.

Tale affermazione, infatti, non è stata comprovata nemmeno dalla nota depositata il 7.7.2017, a seguito della specifica richiesta istruttoria del T.A.R. con ordinanza n. 02646/2017.

Non deve invece essere considerata, a ulteriore scomputo della volumetria realizzabile dal proprietario dell’area in questione, la volumetria oggetto del condono edilizio n. 1/98 ottenuto dalle parti ricorrenti.

Il condono edilizio è, difatti, intervenuto successivamente al frazionamento dell’area in quattro distinte particelle, evidentemente avvenuto in occasione della vendita del 1982, quando quindi ormai il fondo aveva quindi perso la sua unitarietà. La volumetria realizzata ed assentita in sede di condono edilizio non poteva, quindi, che inerire alla parte di proprietà dei ricorrenti, non potendo più insistere sul fondo inizialmente più ampio.

Il ricorso deve, pertanto, essere accolto nei termini suindicati e il permesso di costruire deve essere, di conseguenza, annullato.

Il Comune nell’eventuale riesercizio, su richiesta, del potere autorizzatorio dovrà, peraltro, tener conto di quanto indicato nella parte motiva della presente decisione.

2) La domanda risarcitoria è, invece, da rigettare.

Parte ricorrente, infatti, dopo aver articolato la domanda in modo generico, non ha dato la benché minima prova dell’an dell’esistenza di un danno né alcun elemento di valutazione del quantum.

La necessità di specifici elementi probatori risultava, nel caso di specie, ancor più stringente, in quanto l’esistenza di un danno risarcibile non appare di normale configurabilità secondo criteri di comune logica.

3) Per le suesposte ragioni il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti vanno accolti nei termini e limiti indicati e, conseguentemente, vanno annullati il permesso di costruire n. 30 del 2013 e la nota prot. 1123 del 27.1.2015.

La domanda risarcitoria va rigettata.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

La particolarità della fattispecie, le difficoltà interpretative inerenti alla disciplina dell’asservimento delle aree e la circostanza dell’avvenuto rigetto dell’istanza risarcitoria, costituiscono gravi ed eccezionali motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sul ricorso per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie nei termini e limiti indicati e, conseguentemente, annulla il permesso di costruire n. 30 del 2013 e la nota prot. 1123 del 27.1.2015.

Rigetta la domanda risarcitoria.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Italo Caso, Presidente

Michelangelo Maria Liguori, Consigliere

Fabrizio D’Alessandri, Consigliere, Estensore