LA PISCINA E’ UNA NUOVA COSTRUZIONE E NON E’ UNA PERTINENZA SOTTO IL PROFILO URBANISTICO.LA SENTENZA

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La piscina non può essere considerata una mera pertinenza dal punto di vista urbanistico, in quanto comporta una trasformazione duratura del territorio e ha una funzione autonoma rispetto all’edificio a cui appartiene. Pertanto, la piscina viene considerata come una nuova costruzione e richiede pertanto un permesso di costruire per poter essere realizzata. È giustificato quindi il rifiuto di autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di una piscina in assenza del permesso di costruire.

È quanto affermato recentemente dal TAR Sardegna, sez. I, nella sent. 30 maggio 2023, n. 385 (richiamando TAR Sicilia, Palermo, sez. I, sent. 2 maggio 2022, n. 1471).

L’articolo 167, comma 5 del Codice dei beni culturali e del paesaggio prevede che gli interventi sul territorio che comportano la realizzazione di nuove superfici utili o volumi devono essere sottoposti ad autorizzazione paesaggistica. Tuttavia, la congiunzione “o” utilizzata dal legislatore indica che non è necessario che entrambe le condizioni siano presenti, ma è sufficiente che uno dei due elementi (superfici utili o volumi) sia coinvolto per richiedere tale autorizzazione.

Questa interpretazione è supportata sia dal testo letterale della disposizione sia dalla finalità della stessa, che mira a garantire una elevata tutela del paesaggio. Questa tutela può essere applicata esclusivamente agli interventi di minima entità, che non comportino un rischio significativo di danneggiare il bene paesaggistico. Pertanto, è possibile rilasciare un’autorizzazione paesaggistica dopo la realizzazione di tali interventi soltanto se si tratta di abusi di minima entità.

In sintesi, l’articolo citato impone l’autorizzazione paesaggistica per gli interventi che comportano la creazione di nuove superfici utili o volumi e, dovendo proteggere il paesaggio, consente il rilascio di tale autorizzazione solo per abusi di minima entità che non arrechino un pregiudizio effettivo al bene tutelato.

I giudici sardi si sono soffermati anche sulla questione se il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini della tutela del paesaggio, vada riferito o meno a qualsiasi tipo di edificazione comportante creazione di volume senza che sia possibile distinguere fra volume tecnico ed altro tipo di volume; nel panorama giurisprudenziale si registra la presenza di orientamenti contrastanti:

  • da un lato si collocano pronunce, invero più risalenti, dalle quali emerge una nozione di volume tecnico tale da considerarlo riconducibile alla previsione di cui all’art. 167, co. 4, lett. a), d.lgs. 42/2004, che ammette l’autorizzazione in sanatoria laddove si tratti di lavori che non abbiano determinato “creazione di superfici utili o volumi” (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 31 marzo 2014, n. 1512, secondo cui “la nozione di ‘volume tecnico’, non computabile nella volumetria ai fini in questione (ndr: giudizio di compatibilità paesaggistica), corrisponde a un’opera priva di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché è destinata a solo contenere, senza possibilità di alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della medesima. In sostanza, si tratta di impianti necessari per l’utilizzo dell’abitazione che non possono essere in alcun modo ubicati all’interno di questa, come possono essere – e sempre in difetto dell’alternativa – quelli connessi alla condotta idrica, termica o all’ascensore e simili, i quali si risolvono in semplici interventi di trasformazione senza generare aumento alcuno di carico territoriale o di impatto visivo”);
  • dall’altro, sentenze, più recenti, espressione di un orientamento “restrittivo”, in forza del quale il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto a tutela del paesaggio, rende impossibile realizzare ogni nuova fabbrica che dia luogo a volumisenza che sia possibile distinguere tra un volume tecnico ed un altro tipo di volume, da cui, in tal caso, il divieto di rilascio di autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria (cfr., in tal senso, ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 1° settembre 2022, n. 7625; sent. 21 aprile 2022, n. 3026; sent. 22 ottobre 2021, n. 7117; sent. 10 giugno 2021, n. 4468; sent. 28 marzo 2019, n. 2056; sent. 12 giugno 2019, n. 3925).

Come già affermato dalla giurisprudenza in precedenza (cfr. TAR Sardegna, sez. I, sent. n. 602/2022), nelle aree sottoposte a disposizioni di tutela, è consentito l’accertamento postumo di compatibilità nei soli limitati casi previsti dall’art. 167, fra i quali non rientrano gli interventi che hanno determinato la realizzazione di nuovi volumi e superfici e, più in generale, non rientrano tutti gli interventi che hanno determinato un rilevante impatto sui beni oggetto di protezione.

La decisione dei giudici si basa sul fatto che l’autorizzazione paesaggistica è finalizzata alla protezione dell’aspetto visivo degli edifici, indipendentemente dalla loro destinazione d’uso. Pertanto, anche i volumi tecnici che non sono considerati nell’ambito del calcolo edilizio della volumetria edificabile devono essere presi in considerazione ai fini paesaggistici. Non vi erano ragioni valide per discostarsi da questo precedente nella situazione specifica esaminata.

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