I TERMINI PER L’IMPUGNAZIONE DEI TITOLI EDILIZI: PAROLA AL CONSIGLIO DI STATO

titoli edilizi

Il Consiglio di Stato conferma l’irricevibilità di un ricorso per impugnazione tardiva. 

Con la sentenza n. 3654 dell’11 aprile 2023 il Consiglio di Stato ha riaffermato il proprio orientamento in tema di determinazione del dies a quo per l’impugnazione dei titoli edilizi.

In particolare, qualora si contesti “l’an della edificazione” (cioè qualora di contesti la possibilità di edificare sull’area), il termine di impugnazione decorre dall’inizio dei lavori.

Qualora si contesti “il quomodo (distanze, consistenza ecc.), il dies a quo va fatto coincidere con il completamento dei lavori ovvero con il grado di sviluppo degli stessi, ove renda palese l’esatta dimensione, consistenza, finalità, dell’erigendo manufatto, ferma restando la possibilità, da parte di chi solleva l’eccezione di tardività, di provare anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente”

Si tratta di un principio di diritto consolidato in materia di giurisprudenza amministrativa, ribadito ancora una volta dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3654/2023, con la quale ha respinto l’appello di alcuni condomini contro la realizzazione di una tensostruttura di ampie dimensioni, utilizzata da un istituto scolastico come palestra e per attività sportive ed extrascolastiche.

In particolare, i ricorrenti avevano impugnato l’approvazione di una variante al piano di recupero della città, prodromica al rilascio del titolo edilizio, oltre che il permesso di costruire della tensostruttura, i cui lavori di realizzazione erano iniziati nel gennaio 2014.

Il ricorso era già stato respinto dal TAR per irricevibilità, ulteriormente confermata in appello. Come evidenziano i giudici, i lavori, erano nell’ottobre 2014, “con la conseguenza che a quella data, al massimo, può farsi riferimento ai fini della decorrenza del termine decadenziale di proposizione del ricorso amministrativo”, mentre non poteva considerarsi come termine di proposizione del ricorso la data del primo accesso dei ricorrenti alla pratica edilizia, avvenuta nel 2015.

Il differimento del  termine avrebbe potuto aver luogo solo ove ci si fosse trovati “in presenza di un accesso esercitato tempestivamente e in maniera diligente”, mentre in questo caso, pur essendo già a conoscenza della costruzione di un manufatto lesivo dei loro interessi sin dai primi mesi del 2014, i ricorrenti avevano avuto fin da quel momento l’onere di attivarsi per verificare la compatibilità dell’opera con la vigente normativa urbanistica ed edilizia, cosicché la mancata tempestiva piena conoscenza degli atti era imputabile alla loro “colpevole” inerzia.

Dies a quo per il ricorso: inizio o fine lavori?

Ricordano i Giudici che, per costante giurisprudenza del Consiglio, l’inizio dei lavori segna il dies a quo della tempestiva proposizione del ricorso laddove si contesti l’an della edificazione (cioè laddove si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area), mentre laddove si contesti il quomodo (distanzeconsistenza ecc.), il dies a quo va fatto coincidere con il completamento dei lavori ovvero con il grado di sviluppo degli stessi, ove renda palese l’esatta dimensione, consistenza, finalità, dell’erigendo manufatto, ferma restando la possibilità, da parte di chi solleva l’eccezione di tardività, di provare anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente.

Inoltre, la pubblicazione all’albo pretorio costituisce il mezzo di conoscenza legale da cui decorrono i termini per l’impugnativa: “in tutti i casi in cui non sia necessaria la notificazione individuale del provvedimento e sia al contempo prescritta da una norma di legge o di regolamento la pubblicazione dell’atto in un apposito albo, il termine per proporre l’impugnazione decorre dal giorno in cui sia scaduto il periodo della pubblicazione; pertanto, il normale termine decadenziale per ricorrere contro gli atti amministrativi soggetti a pubblicazione necessaria, decorre per i soggetti non espressamente nominati, dalla pubblicazione medesima, non essendo indispensabile la notificazione individuale o la piena conoscenza”.

Quanto al permesso di costruire, sebbene i ricorrenti abbiano dedotto la lesività del provvedimento solo a seguito dell’acquisizione di copia degli atti della pratica edilizia, non si può negare invece che essi fossero già a conoscenza della realizzazione della struttura, considerata la presenza del cantiere, oltre che la visibilità e la vicinitas alla struttura, confermando quindi la tardività della propria richiesta.

D’altra parte, spiega il Consiglio, la “piena conoscenza” dell’atto, individuata dall’art. 41, comma 2, c.p.a., quale momento da cui decorre il termine per impugnare, richiede la mera percezione della sua esistenza e degli aspetti che ne comportano la lesività, in modo da rendere riconoscibile per il ricorrente l’attualità dell’interesse ad agire.

Richiesta di accesso e termini impugnazione: gli interessi da tutelare

La richiesta di accesso, poi, dal canto suo, non è idonea ex se a far differire i termini di proposizione del ricorso, perché se, da un lato, deve essere assicurata al vicino la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi nei confronti di un intervento edilizio ritenuto illegittimo, dall’altro lato, deve parimenti essere salvaguardato l‘interesse del titolare del permesso di costruire a che l’esercizio di detta tutela venga attivato senza indugio e non irragionevolmente differito nel tempo, determinando una situazione di incertezza delle situazioni giuridiche contraria ai principi ordinamentali.

Per queste ragioni, è stato respinto l’appello, confermando la sentenza di primo grado con la quale il ricorso è stato  ritenuto irricevibile, poiché i ricorrenti avrebbero dovuto proporre l’impugnazione entro il termine decadenziale di sessanta giorni decorrenti quantomeno da settembre 2014 (termine dei lavori) per il permesso di costruire e da luglio 2013 per la delibera comunale.

SI ALLEGA LA SENTENZA