DENUNCIA DI SUCCESSIONE: REGOLE E COSTI E’ BENE RIVOLGERSI AD UN TECNICO ISCRITTO AGLI ORDINI PROFESSIONALI

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La morte di un congiunto o di altra persona che chiama a succedergli, determina l’apertura della successione mortis causa e, con essa, l’insorgere degli obblighi cui gli eredi sono tenuti ai fini della liquidazione delle attività bancarie intestate al defunto e degli eventuali beni immobiliari. La denuncia di successione può essere presentata da  uno soltanto degli interessati, entro 12 mesi dalla data del decesso, va indirizzata l all’Agenzia delle Entrate e nella stessa dovranno essere indicati i rapporti bancari e i beni immobili.

Il primo obbligo dell’erede è senza dubbio quello di presentare alla banca tempestivamente tutta la documentazione comprovante la sua qualità di avente diritto:

  • certificato di morte;
  • stato di famiglia storico del defunto rilasciato in bollo dall’ufficio comunale;
  • atto notorio o, più frequentemente, per la maggiore economicità, la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (il modello può essere agevolmente scaricato anche dai siti dei Comuni) resa dall’erede interessato, con sottoscrizione autenticata dal Segretario comunale o altro funzionario incaricato dal Sindaco, attestante i soggetti aventi diritto alla successione, la mancanza di eventuali testamenti ed altri fatti rilevanti inerenti ai diritti successori;
  • eventuali atti di rinunzia all’eredità;
  • copia autentica del verbale di pubblicazione del testamento, nel caso in cui il de cuius abbia disposto con testamento del suo patrimonio.

Il ricorso ad autocertificazioni (prive di autentica di firma) non può essere accettato dalla Banca che, nella sua qualità di operatore privato, ha necessità di acquisire certificati e dichiarazioni di notorietà rese davanti a pubblici ufficiali, dovendo procedere ad una quanto più possibile rigorosa identificazione degli aventi diritto, cui consegnare le disponibilità economiche depositate dai propri clienti.

Sovente viene posta la domanda: quand’è che l’erede ha obbligo di presentare la dichiarazione di successione all’Amministrazione finanziaria? Sempre, salvo che l’eredità sia devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta del defunto e l’attivo ereditario abbia un valore non superiore a 100.000 euro e non comprenda beni immobili o diritti reali immobiliari. Solo quando ricorrano tutte e tre queste condizioni, gli eredi saranno esonerati dall’obbligo di presentare la dichiarazione ai sensi dell’art. 28,comma 7 del D.lgvo 31.10.1990, n. 346.

Ecco un esempio. Se l’eredità è devoluta al coniuge e ai figli, non supera i 100.000 euro, ma il defunto era proprietario di un immobile, allora la dichiarazione di successione dovrà essere sempre presentata dagli eredi. Dovranno ricorrere contemporaneamente tutte e tre le condizioni perché non sorga l’obbligo e si possa procedere immediatamente alla liquidazione delle attività bancarie. In tal caso, però, la banca prima di “svincolare” le somme e procedere alla liquidazione delle quote, dovrà ricevere dagli eredi apposita dichiarazione di esonero, che sarà trasmessa all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate di competenza.È bene sottolineare l’importanza di tali adempimenti in quanto la Banca che vìola il divieto di svincolo o non acquisisce e trasmette tempestivamente la “dichiarazione di esonero” è punita con sanzione amministrativa dal 200 al 400% dell’imposta o della maggiore imposta dovuta in relazione ai beni e ai diritti ai quali si riferisce la violazione.Una volta svincolate le somme gli eredi potranno ritirare le disponibilità presenti, di cui daranno quietanza, e la Banca procederà all’estinzione dei rapporti.

Come funziona la successione Mortis Causa

Entro 24 ore dal decesso, gli eredi dovranno presentare la denuncia di morte presso l’Ufficio dello Stato Civile del Comune (in prima persona o tramite l’agenzia funebre) e avviare le pratiche cimiteriali. Entro un anno dal decesso, poi, dovranno presentare la dichiarazione di successione presso l’Agenzia delle Entrate tramite il portale web.

È obbligatorio accettare l’eredità? No. Entro dieci anni dall’apertura della successione, è possibile procedere con l’accettazione, tacita o espressa. L’accettazione espressa può avvenire anche con beneficio d’inventario: si tratta di una forma di tutela per l’erede, in quanto con la successione a causa di morte non passano solo beni e immobili ma anche crediti e obbligazioni, ed è questo l’unico modo per evitare di far fronte e parte dei debiti contratti dal defunto quando era in vita.

Con l’accettazione con beneficio di inventario, l’erede eredita crediti e debiti ma è tenuto a soddisfare i debiti e i legati solamente nella misura del patrimonio ricevuto. Per procedere, è fondamentale rivolgersi al notaio o al cancelliere del Tribunale competente per la zona in cui l’apertura della successione è avvenuta e adempiere a tutte le pratiche burocratiche di cui questo fornirà indicazioni.

Oppure, è possibile rinunciare all’eredità (in genere, quando i debiti sono superiori ai crediti), con dichiarazione formale da rilasciare al notaio o al cancelliere del Tribunale.

Beni tassabili ed esclusi dalla tassazione

Tra i beni tassabili ricevuti in eredità emergono, in primo luogo, gli immobili di qualsiasi genere, ad esempio fabbricati (case, negozi, ecc.), diritti di usufrutto e contratti di locazione, nonché terreni agricoli o edificabili, ma anche azioni e partecipazioni in società e beni mobili quali gioielli, opere d’arte, conti correnti bancari e postali, denaro, investimenti come ad esempio azioni, obbligazioni, fondi fiduciari, vita, ecc. La legge prevede che alcuni beni siano esclusi dall’imposta di successione e tra questi rientrano: – i titoli di debito pubblico e gli altri Titoli di Stato o equiparati; – le aziende familiari, i rami di aziende e le quote di partecipazione sociali. L’imposta non si applica qualora l’eredità o il legato a favore di discendenti abbia ad oggetto aziende o rami di esse, quote sociali e azioni; – le indennità di fine rapporto di lavoro e le altre indennità spettanti per diritto proprio agli eredi in forza di assicurazioni previdenziali obbligatorie o stipulate dal defunto; – i beni culturali sottoposti a vincolo culturale previsto dalle leggi in materia, anteriormente all’apertura della successione e se siano stati assolti i conseguenti obblighi di conservazione e protezione; – i crediti verso lo Stato, gli enti pubblici territoriali e gli enti pubblici che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza sociale; – i crediti contestati giudizialmente alla data di apertura della successione, fino a quando la loro sussistenza non sia riconosciuta con provvedimenti giudiziali o transazione; – i crediti ceduti allo Stato entro la data di presentazione della dichiarazione di successione; – i veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico, che sono sottoposti a tassazione separata.

Aliquote e franchigie

La legge prevede particolari aliquote e franchigie (soglie di esonero dall’applicazione dell’imposta) stabilite per l’imposta sulle successioni e donazioni a norma dell’articolo 2, comma 48, del D.L. n. 262 del 2006.

In particolare, vengono applicate le aliquote:

– del 4%, per i trasferimenti effettuati in favore del coniuge o di parenti in linea retta (ascendenti e discendenti) da applicare sul valore complessivo netto, eccedente per ciascun beneficiario, la quota di 1 milione di euro;

– del 6%, per i trasferimenti in favore di fratelli o sorelle da applicare sul valore complessivo netto, eccedente per ciascun beneficiario, 100.000 euro;

– del 6%, per i trasferimenti in favore di altri parenti fino al quarto grado, degli affini in linea collaterale fino al terzo grado, da applicare sul valore complessivo netto trasferito, senza applicazione di alcuna franchigia;

– dell’8%, per i trasferimenti in favore di tutti gli altri soggetti da applicare sul valore complessivo netto trasferito, senza applicazione di alcuna franchigia.

Oltre alle franchigie di 100.000 euro e di 1 milione di euro, vi è una ulteriore franchigia, pari ad 1,5 milioni di euro, per i trasferimenti effettuati in favore di soggetti portatori di handicap, riconosciuto grave ai sensi della legge n. 104 del 1992.

La liquidazione dell’imposta

Quando nell’attivo ereditario è presente un immobile, prima di presentare la dichiarazione di successione occorre liquidare le imposte ipotecaria, catastale, di bollo, la tassa ipotecaria e i tributi speciali (per esempio, per le formalità ipotecarie). A liquidare la tassa ci penserà l’ufficio in base ai dati indicati nella dichiarazione di successione e tenendo conto anche di eventuali dichiarazioni sostitutive.

Il versamento dell’imposta di successione

Una volta liquidata l’imposta, il pagamento dovrà essere effettuato entro 60 giorni dalla data in cui è stato notificato l’avviso di liquidazione. Scaduto tale termine si rendono applicabili, oltre alle sanzioni, anche gli interessi di mora.

È possibile pagare l’imposta di successione anche a rate rispondendo a determinate indicazioni: in primis, almeno il 20% dell’importo dovrà essere versato entro sessanta giorni dalla notifica dell’avviso di liquidazione, mentre la parte restante sarà versata in otto rate trimestrali (dodici, per importi superiori a ventimila euro), sulle quali sono dovuti gli interessi calcolati dal primo giorno successivo al pagamento della tranche iniziale. Le rate scadono l’ultimo giorno di ciascun trimestre.

La rateazione non è ammessa per importi inferiori a 1.000 euro. Inoltre, la decadenza sarà esclusa in caso di “lieve inadempimento”, e cioè in caso di insufficiente versamento della rata (per una frazione non superiore al 3% e, in ogni caso, a 10.000 euro) e tardivo versamento della somma pari al 20%, non superiore a 7 giorni. Il lieve inadempimento è applicabile, inoltre, anche al versamento in unica soluzione.

Come viene effettuato il pagamento?

Il pagamento delle somme dovute e calcolate in autoliquidazione avviene con addebito su un conto aperto presso un intermediario della riscossione – convenzionato con l’Agenzia delle Entrate – e intestato al dichiarante oppure al soggetto incaricato della trasmissione telematica, identificati dal relativo codice fiscale.

Per questo, quando si compila la dichiarazione vanno indicati il codice IBAN del conto sul quale addebitare le somme dovute e il codice fiscale dell’intestatario del conto corrente.Per non incorrere in sanzioni è sempre opportuno rivolgersi al un tecnico abilitato.