PER USUCAPIRE UN BENE COMUNE OCCORRE IL POSSESSO ESCLUSIVO

Usucapione

Per usucapire un bene comune, o potenzialmente tale, è necessario ottenere il possesso esclusivo e ininterrotto del bene, senza la presenza o l’interferenza degli altri condomini o proprietari. Ciò significa che il possessore del bene deve essere l’unico a utilizzarlo, senza consentire l’accesso o l’utilizzo ad altri condomini o proprietari.

Affinché possa avvenire l’usucapione, è necessario che il proprietario del bene non abbia intrapreso alcuna azione legale o di opposizione contro chi sta richiedendo l’assegnazione in proprietà esclusiva. Questo comportamento passivo deve essere continuo e senza interruzioni nel corso del tempo.

Negata l’usucapione di una rampa di accesso. Fatto e decisione

Con sentenza n. 5026 in data 11 luglio 2023 la Corte di appello di Roma ha rigettato l’appello formulato da alcuni condomini nei confronti del condominio avverso la sentenza di primo grado, con la quale era stata respinta la domanda di dichiarare, in capo agli attori, la proprietà di una rampa da essi acquistata in via derivativa dal costruttore, unico proprietario originario, ovvero ed in subordine che ne venisse riconosciuto l’acquisto per usucapione.

In via ulteriormente gradata la domanda gli attori chiedevano che del bene non fosse riconosciuta la natura condominiale.

A fondamento del gravame gli appellanti ponevano due motivi. Da un lato, la rampa doveva essere esclusa dalla presunzione di comunione di cui all’art. 1117 c.c. per non risultare tra le parti comuni; per non essere indicata né nel regolamento condominiale, né nei singoli atti di acquisto e, da ultimo, per servire come unico accesso alle proprietà individuali degli appellanti.

Per altro verso, la sentenza di prime cure veniva censurata per non avere il Tribunale considerato tutti gli elementi che avrebbero giustificato l’accoglimento della domanda di usucapione, ovvero: utilizzo esclusivo ventennale della rampa; pagamento della tassa comunale del passo carrabile da parte del dante causa delle odierne appellanti e pagamento, da parte di queste ultime, delle spese di manutenzione e pulizia.

La Corte capitolina, in via preliminare, nel richiamare l’essenza dell’art. 1117 c.c., ha fatto riferimento al costante orientamento della giurisprudenza in merito alla questione della presunzione legale di comunione, secondo la quale “in caso di frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento di alcune unità immobiliari dall’originario unico proprietario ad altri soggetti, si determina una situazione di condominio per la quale vige la presunzione legale di comunione “pro indiviso” di quelle parti del fabbricato che, per ubicazione e struttura, siano – in tale momento costitutivo del condominio – destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso, salvo che dal titolo non risulti, in contrario, una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente ad uno dei condomini la proprietà di dette parti e di escluderne gli altri” (Cass. sez. 2, 18 dicembre 2014, n. 2676. Da ultimo cfr. Cass. sez. 2, 17 febbraio 2020, n. 3852).

Pertanto, colui che rivendica la titolarità di una delle aree indicate nell’art. 1117 c.c. deve dimostrarlo in modo non equivoco, occorrendo farsi riferimento all’atto costitutivo del condominio.

Nella fattispecie, regolamento di condominio ed atti di acquisto non contenevano alcuna disposizione che riservasse agli odierni appellanti l’uso esclusivo dell’area in questione.

Quanto al rigetto della domanda di usucapione il giudice del gravame ha evidenziato che, non avendo il regolamento di condominio contrattuale neppure limitato l’uso della rampa agli altri condomini, si poteva ipotizzare una situazione di compossesso della stessa in capo ai singoli partecipanti e proprietari di unità immobiliari site nel condominio.

Ciò, quindi, determinava l’operatività dell’art. 1102 c.c. e, quanto alle spese, dell’art. 1123 c.c. trattandosi di un bene destinato a servire i condomini in misura diversa.

A tali elementi si aggiungeva la mancanza di prova, da parte degli attori, di un possesso esclusivo tale da eliminare quello degli altri condomini. Esclusività reclamata, ma in parte contrastante con il comportamento del dante causa di alcuni degli stessi appellanti (come la richiesta, avanzata in sede assembleare, di autorizzazione a parcheggiare la propria auto sulla rampa oggetto di contestazione).
Assumendo ancora, in tale contesto, rilevanza decisiva il fatto che la conformazione dei luoghi dimostrava che il bene in questione fosse potenzialmente utilizzabile da tutti i condomini con una compatibilità, quindi, con un uso più intenso del bene medesimo da parte di alcuni di essi. Mentre, infine, la circostanza che i condomini, che traevano utilità effettiva dal bene avessero sopportato la spesa per la tassa del passo carrabile, la manutenzione e la pulizia della nota rampa era compatibile con un possesso uti condomini e non uti domini.

Considerazioni conclusive

In materia di usucapione la Corte di cassazione ha avuto modo di esprimere un principio al quale l’ordinanza qui annotata si è sostanzialmente adeguata. Infatti, secondo i giudici di legittimità “in tema di condominio, il condomino può usucapire la quota degli altri senza che sia necessaria una vera e propria interversione del possesso; a tal fine, però, non è sufficiente che gli altri condomini si siano astenuti dall’uso del bene comune, bensì occorre allegare e dimostrare di avere goduto del bene stesso attraverso un proprio possesso esclusivo in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare un’inequivoca volontà di possedere “uti dominus” e non più “uti condominus”, senza opposizione, per il tempo utile ad usucapire” (Cass. sez. 2, 23 luglio 2010, n. 17322).

Nella fattispecie tale inconciliabilità è stata esclusa da diversi elementi di fatto, come ad esempio la circostanza, ritenuta evidente, che la nota rampa era stata utilizzata anche da altri soggetti i quali, secondo le testimonianze raccolte, avevano visto parcheggiare sulla stessa altre automobili oltre a quelle degli attori.

Questa situazione, quindi, non poteva che escludere la maturazione del ventennio ai fini della dichiarazione dell’usucapione in favore degli attuali appellanti, i quali evidentemente avevano utilizzato il bene in modo diverso e non paritetico rispetto agli altri partecipanti ma compatibile con il c.d. “uso più intenso”.

Uso ammesso dallo stesso codice civile, il quale riconosce che possano coesistere beni di appartenenza comune ma di uso esclusivo di alcuni condomini.

Fonte: Condominioweb