LA CONDENSA E L’ORIGINE DELLE MUFFE NEGLI EDIFICI

Il processo di condensazione e l’origine delle muffe negli ambienti confinati

Una delle cause più comuni di umidità negli edifici è la condensa che spesso può portare alla comparsa di muffe.  Il processo di condensazione avviene sulle superfici più fredde, quando l’aria si raffredda al di sotto del suo punto di rugiada.

Negli edifici questo fenomeno è particolarmente evidente nei punti freddi come gli angoli dei muri, i ponti termici, dietro agli armadi, all’interno dei cassonetti per le tapparelle, i vani delle finestre scarsamente isolati dove l’umidità relativa può salire fino al 100%. Se l’aria continua a raffreddarsi, l’umidità inizierà a condensarsi e le spore[2] presenti nell’aria troveranno le condizioni ottimali per germinare e proliferare.

Generalmente per riprodursi hanno necessità di restare a contatto con l’acqua (o con l’umidità in eccesso); alcune hanno bisogno di circa 12 ore, mentre le più lente richiedono alcuni giorni. Di conseguenza se una superficie è bagnata e si provvede ad asciugarla prima delle 12 ore, il processo di proliferazione della muffa viene interrotto, diversamente si corre il rischio della colonizzazione. La condensa colpisce comunemente le pareti esposte a nord, le stanze scarsamente ventilate e in cui viene prodotta una grande quantità di umidità (cucine, bagni, camere da letto).

In alcuni casi, si può manifestare una condensa superficiale e in altri invece una di tipo interstiziale . La prima avviene quando la temperatura di una qualsiasi superficie dell’involucro di un ambiente risulta inferiore o uguale alla temperatura di rugiada dell’aria in esso contenuta, mentre la seconda si verifica soprattutto in inverno, attraverso gli elementi strutturali o edilizi che separano gli ambienti interni dall’esterno, che sono caratterizzati da temperature e livelli di umidità diversi. Questa condensazione si riscontra all’interno degli elementi strutturali, come le murature, per via di una progettazione inadeguata, dove spesso si sottovaluta la capacità dei materiali di traspirare il vapore, permettendo così che questo condensi all’interno del materiale stesso.


Figura 1. Processo di condensazione superficiale e interstiziale

La norma UNI EN ISO 13788 identifica il “rischio muffa” quando l’Umidità Relativa sulla superficie dell’involucro edilizio è uguale o superiore all’80%, (per periodi di tempo prolungati) e la temperatura critica minima si attesta intorno a 16°C circa.   Per numerose specie fungine e di muffe le condizioni ideali per proliferare non si manifestano a saturazione, ovvero con UR pari al 100%. Ad esempio, l’Alternaria alternata si forma al raggiungimento di una umidità relativa dell’85%, l’Aspergillus versicolor addirittura inizia al 75%, il Penicillium chrysogenum al 79%, il Mucor plumbeus al 93%. È da questo dato che la norma tecnica propone il metodo per calcolare la soglia dall’allarme.

Le condizioni ambientali per lo sviluppo delle muffe sono:

  • presenza di acqua
  • locali privi di luce diretta
  • temperature tra i 10° e i 35° gradi
  • presenza di nutrienti come la polvere, cellulosa, cartongesso

mantenendo bassi i livelli di umidità si limita la disponibilità di acqua necessaria alla loro crescita.

Anche il pH delle superfici può influenzare la loro crescita, infatti le muffe proliferano in ambienti leggermente acidi (pH inferiore a 7), mantenere un ambiente ventilato con un pH neutro o leggermente alcalino può contribuire a prevenire la loro formazione. Per un ambiente salubre e privo di umidità, secondo l’American Society of Heating, Refrigerating and Air-Conditioning Engineers (ASHRAE), l’intervallo ideale di umidità relativa in inverno deve essere compreso tra il 40% al 50%, mentre la temperatura interna deve essere mantenuta costante tra i 19-22°centigradi; in estate l’intervallo dell’umidità relativa deve essere compreso tra il 50-60% e la temperatura tra i 24-26°C, combinati ad un continuo ricambio d’aria.  Al di sotto del 40%, l’aria è considerata troppo secca. Può quindi dare origine a malessere, nervosismo, spossatezza.    Al contrario, un valore superiore al 70%, crea un microclima favorevole all’insorgere della condensa e delle muffe.

In Italia, le normative relative al ricambio dell’aria nelle abitazioni sono la UNI 10339:1995 e la UNI EN 16798-1:2019, che stabiliscono in assenza di un sistema di ventilazione automatico, l’adozione di un valore convenzionale di 0,5 ricambi/ora.

Sono frequenti i casi in cui i valori effettivi dei ricambi d’aria risultano drasticamente inferiori a quelli raccomandati, che in concorso con murature poco traspiranti, serramenti ermetici di dimensioni e geometrie inadeguate, il posizionamento delle prese d’aria che possono limitare i flussi necessari, dovute ad errori progettuali o di esecuzione, favoriscono ambienti malsani.

La formazione di muffe può essere causata anche da difetti strutturali dell’edificio e da una gestione inadeguata dello stesso.

Quando non viene garantita una conveniente ventilazione a causa di tassi di ricambio d’aria manchevoli, le abitazioni possono avere concentrazioni aumentate di inquinanti interni, elevata umidità, condensa sulle superfici e crescita fungina[1], con una diminuzione della qualità dell’aria interna, che si ripercuote sulla nostra salute.

La “muffa” è un termine non propriamente scientifico utilizzato per identificare circa 100000 specie di funghi pluricellulari che crescono nell’ambiente e particolarmente in alcuni edifici sotto forma di vegetazioni di varia grandezza e colore, quasi sempre macchie maleodoranti, sfocate e talvolta tossiche.

Tra queste, l’Alternaria è nota per essere una causa comune di allergie, con un picco di concentrazione durante i mesi estivi. L’Aspergillus, invece, è nota per le sue spore ubiquitarie e per essere un tipo di muffa tossica, responsabile di aspergillosi in individui con difese immunitarie ridotte o patologie polmonari preesistenti. Il Penicillium, riconoscibile per le sue tonalità vivaci, ha avuto un impatto positivo nella medicina grazie alla scoperta della penicillina, derivata dalle sue micotossine e utilizzata come antibiotico. Lo Stachybotrys, comunemente noto come muffa nera, è un genere di fungo che si sviluppa su materiali ricchi di cellulosa e ha guadagnato notorietà per la sua tossicità. La specie S. chartarum, in particolare, è stata associata a gravi problemi di salute a causa dei suoi metaboliti secondari. Questi composti possono causare danni significativi se inalati o a contatto con la pelle, portando a condizioni come emorragie polmonari o gastrointestinali che hanno avuto tragiche conseguenze in passato. La consapevolezza e la ricerca su questo fungo e i suoi effetti sulla salute sono aumentate significativamente dopo gli eventi di Cleveland (Ohio)negli anni ’90.