DIRETTORE DEI LAVORI: RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE E SOLIDALE PER VIZI NON SEGNALATI

Con la sentenza n. 18405/2025, la Corte di Cassazione ha confermato un principio giuridico di fondamentale importanza nell’ambito dell’edilizia e degli appalti: il direttore dei lavori, nel quadro di un contratto d’opera professionale, risponde in via contrattuale per l’omessa vigilanza sull’esecuzione dei lavori e può essere chiamato a rispondere in solido con l’impresa appaltatrice qualora i difetti gravi non vengano segnalati tempestivamente durante la fase di realizzazione dell’opera. La pronuncia della Suprema Corte si inserisce in una linea interpretativa consolidata, ma ne precisa ulteriormente la portata, delineando con maggiore chiarezza i confini delle responsabilità del direttore dei lavori, in particolare nel delicato momento dell’attività esecutiva e di controllo tecnico.
Gli obblighi professionali del direttore dei lavori
Nel contesto di un appalto, il direttore dei lavori assume obblighi contrattuali specifici che vanno ben oltre una semplice funzione notarile o di documentazione. Egli è chiamato a esercitare una sorveglianza tecnica costante sull’esecuzione dell’opera, verificando che la stessa venga realizzata nel rispetto del progetto esecutivo, del capitolato e delle normative tecniche vigenti.
Oltre alla verifica della corretta realizzazione, il professionista deve adottare tutte le misure e precauzioni necessarie a prevenire vizi e difformità, impartendo istruzioni specifiche all’impresa esecutrice e segnalando immediatamente ogni irregolarità riscontrata. L’obbligo di comunicazione tempestiva non si limita all’appaltatore: se quest’ultimo non provvede a porre rimedio, il direttore è tenuto ad informare direttamente il committente.
Questo sistema di obblighi evidenzia che la funzione del direttore non si esaurisce al termine dei lavori o con il collaudo, ma si estende a tutto l’arco esecutivo. Una vigilanza saltuaria o passiva può configurare una colpa grave e generare responsabilità contrattuale piena, con conseguenze risarcitorie rilevanti.
Il caso giudiziario esaminato dalla Corte
Nel caso oggetto della sentenza, il committente ha agito in giudizio contro il direttore dei lavori contestandogli l’omessa segnalazione, in corso d’opera, di una evidente difformità costruttiva: lo sporto laterale del tetto risultava difforme rispetto al progetto approvato e firmato dallo stesso direttore. Tali irregolarità erano state rilevate e comunicate solo dopo l’ultimazione dell’opera.
Il professionista ha cercato di sottrarsi alla responsabilità invocando l’assenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 1669 c.c. (relativo alla rovina e ai difetti gravi degli edifici), nonché sollevando eccezioni di decadenza e prescrizione. Tuttavia, tali difese sono state respinte in ogni grado di giudizio.
Il Tribunale di primo grado ha individuato una responsabilità contrattuale autonoma del direttore dei lavori, facendo riferimento agli articoli 1176 e 2236 c.c., e riconoscendo la sussistenza di colpa grave per la mancata tempestiva segnalazione del vizio. La Corte d’Appello ha confermato questa impostazione, precisando che la responsabilità non derivava dall’art. 1669, bensì da un inadempimento agli obblighi assunti con il contratto d’opera professionale. Ne è derivata, quindi, l’esclusione della necessità di accertare la prescrizione prevista dal citato articolo.
L’intervento della Cassazione: sorveglianza qualificata e responsabilità solidale
La Corte di Cassazione ha condiviso integralmente la ricostruzione dei giudici di merito. In particolare, ha ribadito che il direttore dei lavori esercita una funzione di alta sorveglianza tecnica, che non richiede una presenza continuativa sul cantiere, ma impone un controllo frequente, consapevole e tecnicamente informato. La responsabilità sorge ogniqualvolta non venga segnalata una difformità che avrebbe dovuto essere percepita nell’ambito di una diligente attività professionale.
Nel caso concreto, la Corte ha ritenuto dirimente la mancata segnalazione del vizio in fase esecutiva: la difformità era riconoscibile già in corso d’opera e non è stata denunciata, nonostante fosse in contrasto con il progetto firmato dal direttore. Tale omissione ha integrato gli estremi di un grave inadempimento contrattuale.
La Corte ha inoltre affrontato il tema della responsabilità solidale con l’impresa esecutrice. Secondo i giudici, la solidarietà risarcitoria può configurarsi anche in presenza di titoli giuridici differenti: da un lato il contratto d’appalto, dall’altro il contratto d’opera professionale. È sufficiente che entrambi gli inadempimenti abbiano concorso a causare il medesimo danno al committente. In questi casi, il committente può agire nei confronti di entrambi i soggetti, ciascuno dei quali risponde per l’intero, salvo un successivo riparto interno di responsabilità.
La diligenza tecnica richiesta: standard elevati e controllo attivo
L’obbligo di diligenza, come delineato dalla Cassazione, si fonda sull’art. 1176, comma 2 c.c., ed è qualificato. Il direttore dei lavori non può limitarsi a una sorveglianza generica o formale, ma deve dimostrare di aver messo in atto tutte le misure idonee a prevenire errori esecutivi e difformità. Ciò include visite tecniche periodiche, rapporti costanti con l’impresa e una documentazione accurata delle istruzioni impartite e delle criticità riscontrate.
La responsabilità non è di risultato, ma di mezzi: tuttavia, la prova dell’uso di mezzi efficaci e adeguati alla complessità dell’opera è imprescindibile. In assenza di tale prova, il professionista può essere chiamato a rispondere dei danni che derivano da una vigilanza carente.
