PERMESSO DI COSTRUIRE PER LA PISCINA INTERRATA: E’ NUOVA COSTRUZIONE. LA SENTENZA

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La piscina interrata non è qualificabile in termini di pertinenza dell’edificio principale in ragione della significativa trasformazione del territorio

La piscina interrata è una nuova costruzione, che necessita del permesso di costruire e non è qualificabile in termini di pertinenza dell’edificio principale in ragione della significativa trasformazione del territorio giacché “la piscina, in considerazione della sua consistenza modificativa dell’assetto del territorio, rappresenta una nuova costruzione e non può essere ricompresa tra gli interventi di manutenzione straordinaria o minori, di cui all’art. 37 del D.P.R. n. 380 del 2001” (T.A.R. Piemonte, sez. II, 2/8/2022, n.703; T.A.R. Napoli, sez. VII, 16/03/2017, n.1503).

Lo ha stabilito la seconda sezione del Tar Lombardia nella sentenza n. 993/2022 pubblicata il 24 ottobre.

Inoltre, è stato rilevato che “le piscine non sono pertinenze in senso urbanistico in quanto comportanti trasformazione durevole del territorio. L’aspetto funzionale relativo all’uso del manufatto è altresì condiviso da altra recente giurisprudenza, secondo cui tutti gli elementi strutturali concorrono al computo di volumetria dei manufatti, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell’edificio cui accede. La piscina, infatti, a differenza di altri manufatti, non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, in quanto non è necessariamente complementare all’uso delle abitazioni e non è solo una attrezzatura per lo svago, ma integra gli estremi della nuova costruzione, in quanto dà luogo ad una struttura edilizia che incide invasivamente sul sito di relativa ubicazione e postula, pertanto, il previo rilascio dell’idoneo titolo ad aedificandum, costituito dal permesso di costruire” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 9.9.2020, n. 3730).

Anche la Cassazione penale ha in più occasioni affermato che “la costruzione di una piscina interrata, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, costituisce intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia, in quanto crea un aumento di volumetria e comporta la trasformazione permanente del suolo, essendo necessario, pertanto, per la sua realizzazione, il rilascio di permesso di costruire” (Cass. Pen. sez. III, 20.12.2018, n.1913).

Il Tar Lombardia precisa inoltre che i volumi interrati possono derogare alle norme generali in tema di distanze legali, ma non alle norme speciali stabilite dal Pianificatore locale che, in quanto integrative della normativa del codice civile, non sono eludibili.

In particolare è stato affermato che “in tema di distanza, in mancanza di una norma specifica contenuta nel regolamento edilizio comunale (…) va applicato l’art. 899 del codice civile, che, per le costruzioni interrate quali pozzi, cisterne e fosse, prevede una distanza minima di “almeno due metri tra il confine e il punto più vicino del perimetro interno delle opere predette” (Cons. Stato, Sez. II, 7.1.2022 n. 109), con la conseguenza che quando esistono – come nel caso di specie – disposizioni edilizie locali, esse esplicano un’efficacia integrativa della disciplina del codice civile e, in tale prospettiva, non sono derogabili.

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