L’ORDINE PROFESSIONALE NON PUO’ NEGARE L’ACCESSO AGLI ATTI A CHI HA FATTO L’ESPOSTO. LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

accesso agli atti

Sussiste il diritto dell’autore di un esposto nei confronti di un professionista, di accedere a tutti gli atti del procedimento disciplinare avviato dall’Ordine professionale.

Il Consiglio di Stato, Sez. III con la sentenza del 15 febbraio 2022 n. 1121, ha stabilito, che il Consiglio dell’Ordine non può negare l’accesso agli atti, ne a chi ha fatto l’esposto e ne al legale della parte.

Nel caso in esame un professionista aveva presentato al Presidente del Consiglio dell’Ordine tre esposti, lamentando la violazione da parte di un collega di alcune disposizioni del Codice deontologico. A seguito dell’archiviazione del relativo procedimento aveva presentato istanza di accesso volta a conseguire “il rilascio di copia integrale di tutti gli atti e documenti di cui al presente procedimento, con particolare riferimento ai verbali del Consiglio, alla relazione e ad eventuali memorie difensive prodotte”.

Il Consiglio distrettuale di disciplina aveva respinto l’istanza. A seguito di ricorso, il Tar per la Liguria aveva riconosciuto il diritto del ricorrente ad accedere agli atti. Il Consiglio di Stato ha confermato la decisione dei giudici di primo grado.

I giudici hanno, infatti, valutato come il ricorrente sia portatore di un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata» agli atti del procedimento disciplinare svoltosi, sulla base degli esposti da questo presentati”.

Sussistono, poi, altri elementi che dimostrano l’esistenza di un collegamento tra gli atti del procedimento disciplinare e diverse situazioni giuridiche soggettive tutelate del ricorrente, tra cui il rispetto della vita privata e familiare nonché l’onore e la reputazione. Si ritiene, quindi, che l’istanza ostensiva sia fondata sulla esigenza di tutelare la propria onorabilità e di ottenere il ristoro di danni morali, a nulla rilevando che il procedimento disciplinare sia stato archiviato.

Nel caso in esame, trattandosi di un avvocato il Consiglio di Stato ha altresì specificato, che né l’art. 58 della legge 247/2012, né l’art. 12, n. 2, del regolamento Cnf 2/2014, affermano un’esclusione del diritto di accesso, in quanto la natura riservata degli atti del procedimento disciplinare potrebbe comportare soltanto una più restrittiva valutazione in concreto della legittimazione e delle modalità di accesso. Una limitazione del diritto di accesso potrebbe giustificarsi soltanto in relazione alle specifiche eccezioni individuate dall’ultimo periodo dell’art. 24, comma 7, cit., e quindi alla riservatezza di dati del professionista qualificabili come sensibili ovvero sensibilissimi, ipotesi che in concreto non si verifica (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 5004 del 30 ottobre 2017).

SCARICA LA SENTENZA