DEMOLIZIONE, RICOSTRUZIONE E LIMITE DI DISTANZA TRA FABBRICATI

I limiti di distanza

Secondo il Consiglio di Stato , Sentenza n.3710 del 10 giugno 2020 , nel caso di demolizione seguita dalla fedele ricostruzione di un edificio (o di una parte dello stesso) non si applicano i limiti di distanza inderogabili previsti dal D.M. 1444/1968, ma si deve fare riferimento alle disposizioni vigenti al momento dell’edificazione del fabbricato preesistente.

Nel caso di specie il ricorrente si opponeva all’ordine di sospensione dei lavori per la ricostruzione di parte di un edificio che risultava ad una distanza dal confine inferiore a quella prevista nell’elaborato progettuale allegato al permesso di costruire concesso nel 2011 e dalle NTA del piano regolatore. Il ricorrente sosteneva trattarsi di una mera ristrutturazione edilizia a seguito di demolizione e fedele ricostruzione dell’edificio.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza in esame, preso atto che dai rilevamenti aerofotogrammetrici risultava che l’ubicazione attuale del corpo di fabbrica dell’abitazione dell’appellante era la medesima di quella precedente, ha ritenuto innanzitutto che le disposizioni sulle distanze legali a cui il Comune avrebbe dovuto far riferimento per accertare la legittimità delle opere erano quelle vigenti al momento della costruzione dell’edificio preesistente (nel caso di specie avvenuta nel 1962).

I giudici hanno inoltre ricordato che secondo la costante giurisprudenza (vedi C. Stato14/09/2017, n. 4337; C. Stato 23/06/2017, n. 3093; C. Stato 08/05/2017, n. 2086), la disposizione contenuta nell’art. 9 del D.M. 1444/1968 sulla distanza di dieci metri che deve sussistere tra edifici antistanti, ha carattere inderogabile, poiché si tratta di norma imperativa, la quale predetermina in via generale ed astratta le distanze tra le costruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza. Tali distanze sono coerenti con il perseguimento dell’interesse pubblico e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal Codice civile.

Tuttavia, la disposizione del n. 2 dell’art. 9, D.M. 1444/1968 riguarda “nuovi edifici”, intendendosi per tali gli edifici “costruiti per la prima volta” e non già edifici preesistenti, per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse.

Ed infatti, applicando il limite inderogabile di distanza ad un immobile prodotto da ricostruzione di un altro precedente, si otterrebbe che l’immobile non potrebbe essere demolito e ricostruito se non arretrando rispetto all’allineamento preesistente (con conseguente vulnus estetico e possibile perdita di volume, realizzando quindi un improprio “effetto espropriativo” del D.M. 1444/1968). Inoltre, il singolo arretramento (imposto per effetto di una non coerente applicazione della norma), produrrebbe anche la realizzazione di spazi chiusi, rientranze ed intercapedini nocivi per le condizioni di salubrità, igiene, sicurezza e decoro, che invece l’art. 9, D.M. 1444/1968 intende perseguire.

In definitiva:

– le norme sulle distanze di cui al D.M. 1444/1968 si riferiscono alla nuova pianificazione del territorio e non già ad interventi specifici sull’esistente;

– la previsione del limite inderogabile di distanza riguarda immobili o parti di essi costruiti (anche in sopra elevazione) “per la prima volta” (con riferimento al volume e alla sagoma preesistente), ma non può riguardare immobili che costituiscono il prodotto della demolizione di immobili con successiva ricostruzione.

Su queste basi, secondo il Consiglio di Stato, la circostanza che nella fattispecie si trattasse di una demolizione con fedele ricostruzione ha reso irrilevante il fatto che il permesso di costruire da ultimo assentito prevedesse distanze maggiori.

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