APPROVATO IL DECRETO PER LA RILEVAZIONE DEL GAS RADON NEGLI EDIFICI: GEOMETRI, INGEGNERI, ARCHITETTI DELEGATI AGLI INTERVENTI DI RISANAMENTO

Gas Radon

Anche l’Italia ha recepito la direttiva 2013/59/Euratom e si adegua alla normativa comunitaria, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione al gas Radon, ed ha unificato tutte le direttive europee in materia di radioprotezione. Il decreto, provvede a riordinare e armonizzare la normativa di settore, assicurando il mantenimento delle misure di protezione dei lavoratori e della popolazione più rigorose rispetto alle norme minime stabilite dalla medesima direttiva. La trasposizione è avvenuta con il Dlgs 31 luglio 2020 n.101, in vigore dal 27 agosto 2020. Il Dlgs 101/2020 prevede inoltre l’adozione, entro 12 mesi dalla sua entrata in vigore, di un Piano d’azione per il radon per valutare le strategie i criteri e le modalità di intervento atte a prevenire e ridurre il rischio all’esposizione dei lavoratori o di individui della popolazione al radon.

I TECNICI QUALIFICATI PER INTERVENIRE SONO I GEOMETRI, ARCHITETTI, INGEGNERI

Una delle principali novità del decreto approvato è che l’esperto in interventi di risanamento da radon deve possedere una delle seguenti abilitazioni:
a) abilitazione all’esercizio della professione di geometra;
b) abilitazione all’esercizio della professione di ingegnere;
c) abilitazione all’esercizio della professione di architetto;
Oltre ai requisiti di cui alle lettere a), b) e c) l’esperto in interventi di risanamento da radon deve aver partecipato a corsi specifici di formazione e aggiornamento universitari, di enti pubblici o di associazioni o ordini professionali sulla progettazione, attuazione, gestione e controllo degli interventi
correttivi per la riduzione della concentrazione di attività di radon negli edifici della durata di almeno 20 ore, che in sede di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale sono stati ampliati in 60 ore.

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Un’altra novità del decreto riguarda il livello di riferimento previsto di concentrazione, che dovrà essere da ora in avanti inferiore a 300 Bq/m3 sia nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle abitazioni. L’attuale DECRETO LEGISLATIVO del 26 maggio 2000, n. 241 riferito ai soli luoghi di lavoro, prevedeva una concentrazione massima di 500 Bq/m3.

Qualora nei luoghi di lavoro e aperti al pubblico esercizio la concentrazione media annua di attività di radon in aria non supera il livello di
riferimento, l’esercente elabora e conserva per un periodo di otto anni un documento contenente l’esito delle misurazioni nel quale è riportata la valutazione delle misure. Tale documento costituisce parte integrante del documento di valutazione del rischio di cui all’articolo 17, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. L’esercente ripete le misurazioni ogni otto anni e ogniqualvolta siano realizzati gli interventi di cui
all’articolo 3, comma l, lettere b), c) e d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico dell’Edilizia) che comportano lavori strutturali a livello dell’attacco a terra nonché gli interventi volti a migliorare l’isolamento termico.

Nell’ottica di una più ampia tutela dei lavoratori esposti a fattori di rischio, la direttiva prevede tra l’altro che il responsabile della sorveglianza sanitaria possa richiedere che la sorveglianza prosegua anche dopo l’esposizione, per il periodo di tempo che ritiene necessario per proteggere la salute del lavoratore e, inoltre che informi il lavoratore stesso riguardo all’opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività lavorativa come avviene già oggi per l’esposizione all’amianto.
 
La sorveglianza sanitaria in corso del rapporto di lavoro resta a carico del datore di lavoro, mentre gli accertamenti sanitari riferiti ad un momento successivo alla cessazione del rapporto di lavoro resteranno a carico del servizio.

IL GAS RADON NELLE ABITAZIONI

Al fine di tutelare la popolazione dai rischi conseguenti all’esposizione al radon nelle abitazioni, le Regioni e le Provincie autonome promuovono campagne e azioni, per incentivare i proprietari di immobili adibiti a uso abitativo, aventi locali situati al pianterreno o a un livello seminterrato o sotterraneo, a effettuare la misurazione.

Per le nuove costruzioni secondo le disposizioni del decreto dal 2024 già in fase di progettazione occorrerà tener conto di un livello di concentrazione sotto i 200 Bq/m3

Il Radon è un gas radioattivo che affiora dal sottosuolo e penetra silente negli edifici. All’esterno, il radon non costituisce un problema diluendosi nell’atmosfera, ma nei luoghi chiusi, come le abitazioni e i luoghi dove generalmente si vive, può raggiungere livelli elevati dannosi alla salute. Se inalato, infatti, le particelle alfa possono danneggiare il Dna delle cellule e determinare il cancro al polmone. Il gas radon rappresenta la seconda causa di morte di neoplasia polmonare dopo il fumo e in Italia circa 3500 morti l’anno sono da attribuire ad esso. L’Italia, è tra i 9 Paesi più radioattivi al mondo e in quasi tutte le regioni è stata riscontrata la presenza del gas radon.

DOVE SI TROVA IL GAS RADON E COME SI MISURA

La gran parte del gas radon presente negli edifici proviene dal suolo sul quale sono costruiti. Può penetrare attraverso le fondazioni, le spaccature che si formano lungo le tubature, le canne fumarie, i pozzetti di ispezione, le giunture tra i muri o pervenire dai materiali da costruzione quali argille, granito, tufo, porfido, basalto, pietre laviche, pozzolane; oppure cementi di origine pozzolanica, dall’impianto idrico, o dall’aria esterna che attraverso le porte e finestre, raggiunge ogni parte dell’involucro edilizio.

Il gas radon negli edifici

La concentrazione di radon indoor è più alta se l’abitazione si trova su un terreno granitico o vulcanico, su terreni ricchi di tufo, oppure dove le fondamenta poggiano direttamente sul terreno, ma può risalire anche tramite botole, scale e canne fumarie. In Italia, la lava del Vesuvio, la pozzolana, il peperino del Lazio e il tufo della Campania, sono ad alto rischio radioattivo. Anche le rocce magmatiche, in modo particolare i graniti rossi, rosa e viola, i prodotti di scarto di gesso, cemento, calcestruzzo, pietra pomice e roccia basaltica possono essere contaminate.

I livelli di concentrazione variano da un edificio ad un altro, anche se vicini e aventi una tipologia similare. Indipendentemente dall’età, dal tipo di costruzione o dall’ubicazione dell’immobile, l’unico modo per verificare le affluenze del radon negli ambienti chiusi è quella di eseguire le misure con appositi rilevatori. Il problema è differente per gli edifici nuovi, dove con azioni preventive si possono ridurre i rischi e limitare i costi, intervenendo nella fase di progettazione, monitorando il terreno anche dopo lo scavo delle fondazioni, isolando l’edificio dal suolo mediante vespai o pavimenti galleggianti ben ventilati, impermeabilizzando i pavimenti e le pareti delle cantine con guaine isolanti, evitando collegamenti diretti con interrati o seminterrati.

Per acquisire i dosimetri è opportuno rivolgersi ai laboratori, che soddisfano i requisiti stabiliti a livello nazionale e che effettuano le misurazioni secondo procedure standard. Saranno questi a fornire le indicazioni per la misurazione del radon negli ambienti chiusi. 

COSA FARE IN CASO DI CONCENTRAZIONI SUPERIORI AI 300 Bq/m3 .

Qualora la concentrazione media annua di attività di radon in aria supera il livello di riferimento di cui all’articolo 12, l’esercente è tenuto a porre in essere misure correttive intese a ridurre le concentrazioni al livello più basso ragionevolmente ottenibile, avvalendosi dei tecnici qualificati di cui
all’articolo 15 (geometri, architetti, ingegneri).
Dette misure sono completate entro due anni dal rilascio della relazione tecnica e sono verificate, sotto il profilo dell’efficacia, mediante nuova misurazione. L’esercente deve garantire il mantenimento nel tempo dell’efficacia delle misure correttive. A tal fine ripete le misurazioni con cadenza quadriennale.

Ai fini della misurazione della concentrazione media annua di attività di radon in aria, devono essere impiegati dispositivi di misurazione per un intero anno solare, mediante uno o più periodi di campionamento consecutivi, utilizzando metodiche di misura riferibili a nonne tecniche nazionali o internazionali. Nell’ambito del Piano nazionale d’azione per il radon potrmmo essere definite ulteriori modalità di misurazione valide ai fini della determinazione della concentrazione media annua di attività di radon in aria.

QUALI SONO LE AZIONI DI RIMEDIO PER LA MITIGAZIONE DEL GAS RADON NELLE COSTRUZIONI?

pozzetto radon

Negli edifici che non hanno il vespaio, ma le fondazioni a platea il modo migliore per gestire il gas radon è la depressurizzazione del suolo. L’impianto è costituito da un pozzetto di estrazione, collegato ad una tubazione di trasporto e scarico del gas nell’ambiente esterno; l’aria all’interno del pozzetto viene continuamente aspirata in modo passivo o per mezzo di un aspiratore elettromeccanico. L’efficacia di questo sistema può essere compromessa dalla presenza di un terreno altamente permeabile, che impedisce la formazione di una sufficiente depressurizzazione nella cavità del pozzetto di estrazione. La depressurizzazione del suolo può funzionare in modo passivo durante la stagione fredda solo se il passaggio delle tubazioni di estrazione dell’aria avviene all’interno dell’edificio. Se ciò non è possibile e la tubazione è esterna l’effetto della differenza di temperatura è in alcuni casi invertito e di norma il sistema necessita di estrazione forzata dell’aria. Quando il suolo si lascia attraversare facilmente dall’acqua, si ricorre alla pressurizzazione del terreno, immettendo nel sottosuolo l’aria prelevata dall’interno dell’edificio per mezzo di un ventilatore, creando così una sovrappressione, che contrasta l’infiltrazione del radon all’interno dell’edificio e al contempo diluisce la concentrazione del gas nel suolo stesso. L’impiego di aria interna in luogo di quella esterna evita la possibilità di gelare il terreno soggiacente l’edificio, soprattutto durante l’inverno, con possibili ripercussioni sulla stabilità della costruzione. D’altronde l’immissione nel sottosuolo di aria calda e umida dello stabile può creare condense e la risalita di umidità. La pressurizzazione è molto limitativa, infatti, richiede che sia le porte, sia le finestre del livello inferiore della costruzione, debbano essere tenute costantemente chiuse, con un conseguente inutilizzo della superficie ad uso abitativo. Questa tecnica di mitigazione è relativamente nuova e gli effetti non possono ancora essere certificati a causa della limitata casistica: nei casi sperimentati in Norvegia e in Alto Adige l’efficacia si è comunque dimostrata elevata (50%-99%), consentendo un risanamento soddisfacente non ottenuto con altri metodi.

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DECRETO PUBBLICATO IN GAZZETTA UFFICIALE