QUANDO IL RISANAMENTO CONSERVATIVO DIVENTA RISTRUTTURAZIONE: LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

Quando il risanamento conservativo diventa ristrutturazione: il Consiglio di Stato annulla il permesso di costruire
Nel settore edilizio, specie quando si interviene su immobili storici o collocati in aree sensibili, è essenziale distinguere correttamente tra risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia.
Il risanamento conservativo, secondo quanto stabilito dal Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/2001, art. 3, comma 1, lett. c), è finalizzato alla conservazione dell’organismo edilizio, migliorandone al contempo la funzionalità. Gli interventi ammessi includono opere di consolidamento, ripristino, rinnovo degli elementi costitutivi, o adeguamenti tecnologici e impiantistici, purché compatibili con la struttura originaria e senza alterarne i caratteri tipologici, formali e strutturali.
Diversamente, la ristrutturazione edilizia comporta una trasformazione più profonda dell’immobile, che può arrivare anche alla modifica della volumetria o alla ricostruzione con variazioni sostanziali rispetto all’edificio preesistente.
Su questo tema si è espressa in modo netto la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 2487/2025, che ha confermato l’annullamento di un permesso di per un intervento edilizio considerato illegittimamente classificato come risanamento conservativo.
Il caso nasce dal ricorso di alcuni proprietari confinanti, contrari al progetto approvato dall’amministrazione comunale, che prevedeva modifiche rilevanti a un fabbricato residenziale in zona agricola (E1a). Secondo i ricorrenti, l’intervento violava le normative urbanistiche e paesaggistiche, compromettendo la qualità ambientale dell’area e limitando le visuali panoramiche godute dalle proprietà vicine.
Il TAR Toscana, con una prima sentenza, aveva dato loro ragione, rilevando che l’intervento non poteva essere qualificato come risanamento conservativo, in quanto prevedeva nuove volumetrie, la realizzazione di un terrapieno artificiale e trasformazioni strutturali incompatibili con il contesto agricolo. Di conseguenza, aveva annullato il permesso di costruire. Contro questa decisione avevano fatto appello sia il Comune che la proprietaria dell’immobile, sostenendo che il progetto era comunque compatibile con la destinazione della zona e che l’impatto sull’ambiente fosse stato sopravvalutato. Secondo loro, l’intervento rispettava i criteri del risanamento conservativo e l’interpretazione della cartografia urbanistica fatta dal TAR era errata.
Il Consiglio di Stato ha respinto tutte le motivazioni dell’appello, confermando l’annullamento del permesso. I giudici hanno rilevato che le modifiche previste — in particolare l’ampliamento dell’edificio e la modifica del terreno naturale tramite il terrapieno — non potevano essere considerate compatibili con il risanamento conservativo, ma rientravano piuttosto nella ristrutturazione edilizia, intervento non ammesso nella zona agricola E1a.
Nella sentenza si legge che:
“(…) l’intervento porta a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal preesistente, alterandone morfologia e consistenza fisica. Tali trasformazioni non possono rientrare nel concetto di risanamento conservativo”. Inoltre, è stato riconosciuto il diritto dei proprietari confinanti a opporsi all’intervento, in quanto la costruzione avrebbe ridotto la fruizione del paesaggio e inciso negativamente sul pregio delle proprietà limitrofe.
Un punto importante della decisione riguarda anche l’interpretazione della destinazione urbanistica dell’area: pur essendo l’immobile all’interno del perimetro urbano secondo la cartografia del Regolamento Urbanistico Comunale, ciò non cambiava la sua classificazione come zona agricola. Di conseguenza, le limitazioni edilizie proprie di tale zona dovevano comunque essere rispettate.
La sentenza del Consiglio di Stato ribadisce un principio fondamentale: non è possibile aggirare i vincoli urbanistici “mascherando” una ristrutturazione come risanamento conservativo. L’inquadramento tecnico-giuridico dell’intervento deve essere rigoroso e coerente con la normativa vigente, soprattutto quando si opera in aree vincolate o di particolare valore ambientale.
Per i tecnici del settore e per le amministrazioni comunali, si tratta di un richiamo chiaro a una maggiore attenzione in fase di istruttoria, per evitare errori che possono portare all’annullamento degli atti autorizzativi e a conseguenze rilevanti per tutti i soggetti coinvolti.