EDILIZIA E BALCONI: LE NOVITA’ INTRODOTTE DAL DL 69/2024 SULLE VEPA

Chiusura dei balconi con vetrate amovibili prima del Decreto Salva Casa: si tratta di abuso edilizio?

Il balcone rappresenta una delle componenti architettoniche più comuni e distintive degli edifici residenziali italiani. Si tratta, tecnicamente, di una struttura aggettante – cioè sporgente rispetto alla sagoma principale dell’edificio – solitamente delimitata da parapetti, ringhiere o muretti. Al di là della sua funzione architettonica e costruttiva, il balcone svolge un ruolo rilevante anche sotto il profilo funzionale, estetico e sociale.

Infatti, offre uno spazio esterno accessibile, talvolta coperto, che arricchisce gli ambienti interni, oltre a rappresentare un elemento decorativo che valorizza la facciata dell’edificio. Nei contesti urbani, la presenza di balconi contribuisce al miglioramento della qualità della vita, favorendo il rapporto tra ambiente domestico e spazio esterno.

Le principali tipologie di balconi includono:

  • Balconi aggettanti, sporgenti dalla facciata;
  • Logge, incassate nel profilo dell’edificio;
  • Balconi parzialmente aggettanti, in parte interni e in parte esterni.

Spesso, per motivi legati al comfort abitativo e all’efficienza energetica, si manifesta l’esigenza di chiudere queste strutture mediante vetrate o sistemi simili, al fine di:

  • creare una barriera protettiva contro gli agenti atmosferici;
  • ottenere un miglior isolamento termico e acustico;
  • ricavare uno spazio aggiuntivo utilizzabile anche nei mesi più freddi.

Tuttavia, la chiusura di balconi e terrazzi è da tempo oggetto di dibattito in ambito urbanistico, poiché può configurare trasformazioni edilizie rilevanti, con potenziali ricadute su volumi, superfici e destinazioni d’uso. È proprio in questo ambito che si inserisce una delle novità normative più significative degli ultimi anni: il Decreto Salva Casa (DL 69/2024, convertito in Legge 105/2024).

Cosa cambia con le VEPA: l’art. 6 del DPR 380/2001 dopo la riforma

Il Decreto ha modificato l’art. 6 del DPR 380/2001, introducendo la possibilità di realizzare, senza titolo abilitativo, le cosiddette vetrate panoramiche amovibili e trasparenti (VEPA), a condizione che:

  • siano installate su balconi aggettanti, logge o porticati;
  • non determinino nuovi volumi o superfici utili;
  • non comportino cambi di destinazione d’uso dell’immobile;
  • rispettino i requisiti di amovibilità, trasparenza e impatto minimo sull’estetica dell’edificio;
  • garantiscano una microaerazione naturale, volta a preservare la salubrità degli ambienti interni.

Restano esclusi da tale liberalizzazione i porticati gravati da diritti di uso pubblico o affacciati su spazi pubblici.

Questa apertura normativa, pur ampia, non equivale a una sanatoria automatica di tutte le opere preesistenti: il legislatore ha voluto mantenere un approccio prudenziale, continuando a distinguere nettamente tra interventi di protezione leggera e vere trasformazioni edilizie.

Le installazioni di VEPA antecedenti al Decreto: edilizia libera o abuso edilizio?

Il dubbio centrale per molti proprietari è: la chiusura di un balcone con vetrate amovibili effettuata prima del Decreto Salva Casa può essere oggi considerata legittima?

A chiarire questa questione è intervenuta la sentenza n. 2975/2025 del Consiglio di Stato, che ha confermato l’orientamento giurisprudenziale già espresso da diversi TAR. Il caso riguardava un’abitazione nel Comune di Parma, dove era stata installata – nel 2019 – una chiusura in vetro su un balcone, priva di permessi edilizi.

Il proprietario aveva sostenuto che si trattasse di una struttura leggera e amovibile, assimilabile a una tenda da sole, dunque non soggetta a titolo abilitativo. Tuttavia, sia il TAR dell’Emilia-Romagna che il Consiglio di Stato hanno rigettato il ricorso, sottolineando che:

“la chiusura con vetrate dell’area corrispondente a un balcone – anche se le vetrate sono richiudibili ‘a pacchetto’ e non completamente sigillate – configura una trasformazione edilizia rilevante se determina la creazione di un volume autonomo, dotato di propria funzionalità”.

Ciò che rileva, secondo la Corte, non è il tipo di materiale utilizzato né la sua teorica amovibilità, ma l’effetto finale sullo stato dei luoghi e la vocazione d’uso dello spazio trasformato.

Inoltre, la Corte ha ribadito il principio del “tempus regit actum”: la legittimità di un atto amministrativo va valutata sulla base delle norme vigenti al momento della sua adozione. Di conseguenza, non è possibile invocare retroattivamente la disciplina del DL 69/2024 per rendere legittimo un intervento edilizio realizzato anni prima in assenza di titolo abilitativo.

Conclusioni: attenzione alle date e alle trasformazioni reali

La sentenza del Consiglio di Stato conferma un principio fondamentale in materia edilizia: anche strutture apparentemente leggere e smontabili possono costituire un abuso, se modificano stabilmente l’assetto dell’immobile o ne alterano i volumi.

Pertanto:

  • le installazioni antecedenti al DL Salva Casa sono soggette alla normativa precedente;
  • la nuova disciplina non ha effetto retroattivo e non legittima automaticamente opere passate;
  • per evitare sanzioni e ordini di demolizione, è indispensabile valutare l’effettiva trasformazione dello spazio e la conformità alle norme vigenti all’epoca della realizzazione.

In definitiva, la chiusura di un balcone con VEPA è oggi generalmente ammessa in edilizia libera, ma solo se rispetta tutti i criteri tecnici ed estetici imposti dal legislatore. Per le opere già realizzate, resta cruciale la verifica della regolarità formale e sostanziale dell’intervento al momento della sua esecuzione.

SCARICA LA SENTENZA