PUO’ UN CONDOMINO RIFIUTARE L’ACCESSO AL PROPRIO APPARTAMENTO PER LA MANUTENZIONE DELLE PARTI COMUNI?

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Quando è necessario accedere alla proprietà esclusiva per la tutela di parti comuni il condòmino è obbligato a prestare la sua collaborazione e consentire, l’accesso nel proprio appartamento?

L’accesso alla proprietà esclusiva è disciplinato dall’art.843 c.c. il quale dispone che: “il proprietario deve permettere l’accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessità, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera del vicino oppure comune. Se l’accesso cagiona danno, è dovuta un’adeguata indennità”. La norma citata è applicabile anche in materia condominiale, quando sia necessario accedere alle unità immobiliari in proprietà esclusiva al fine della manutenzione di beni o servizi comuni. Infatti, quando non è possibile raggiungere un accordo con l’interessato per l’accesso alla propria abitazione, in assenza di prescrizioni contenute nel regolamento condominiale, il condomìnio è legittimato a richiedere al giudice un provvedimento che autorizzi l’accesso ed il passaggio nell’unità immobiliare da parte dell’amministratore e del tecnico per la valutazione dei lavori da eseguire, purché ciò risulti necessario. Ciò è stato chiarito dal Tribunale di Roma con la sentenza n.17498 pubblicata il 10 novembre 2021.

Nel caso di specie, nella compagine condominiale erano state denunciate infiltrazioni provenienti dalla terrazza di proprietà esclusiva di una unità immobiliare. L’amministratore di condomìnio si era attivato per risolvere il problema ed essendo necessaria un’apposita valutazione tecnica era stato stabilito dai tecnici incaricati di effettuare rilievi e saggi negli appartamenti coinvolti. ​I condòmini interessati avevano collaborato con i tecnici incaricati dal condomìnio facendoli entrare nelle proprie abitazioni. Solo una condòmina non si era resa disponibile poiché aveva permesso loro l’ingresso una sola volta e non aveva consentito gli ulteriori accessi, giudicati necessari dai tecnici. ​Di conseguenza l’amministratore aveva dovuto rivolgersi al giudice per decidere in merito alla necessità dell’accesso nell’immobile della condòmina. La condòmina convenuta, proprietaria del terrazzo da cui si era propagata l’infiltrazione, lamentava di non poter essere esposta alle continue ed ingiustificate richieste dei tecnici del condomìnio di accedere al suo immobile e di subire saggi ed ispezioni. Il Tribunale, nell’accertare il diritto dell’amministratore di accedere all’immobile della condòmina convenuta, ha evidenziato che ciò era previsto anche dal regolamento condominiale.

Infatti, quest’ultimo conteneva una disposizione secondo la quale l’edificio doveva essere sempre mantenuto in buono stato di manutenzione e a tale scopo ciascun condòmino era obbligato a permettere l’accesso ai propri locali per i lavori che si fossero resi necessari nell’interesse comune. A tal proposito, il giudice riconosceva che l’accesso alla proprietà esclusiva, disciplinato dall’art.843 c.c., deve essere consentito all’amministratore, quale legale rappresentante del condòminio, ai tecnici o al personale da questi incaricato, quando esso sia necessario al fine della manutenzione di beni o servizi comuni, purché la richiesta di accesso dell’amministratore sia ragionevole e non strumentale in quanto ciò può creare disagi ai condòmini interessati. Nel caso di specie nessuna delle parti in giudizio aveva negato la necessità dell’accesso, essendo pacifico che si dovesse intervenire per eseguire lavori sul lastrico solare sovrastante l’appartamento della convenuta per risolvere i lamentati fenomeni di infiltrazione di acque piovane. Nella condotta del condomìnio non era ravvisabile, secondo il giudice, alcun accanimento verso la convenuta, considerato che gli accessi eseguiti in passato non erano stati invasivi e tali da far ritenere la richiesta di accesso unicamente finalizzata ad arrecare fastidio e nocumento alla condòmina convenuta. Non vi era, dunque, alcun motivo per ipotizzare che la richiesta dell’amministratore avesse carattere meramente strumentale e che non fosse davvero necessaria ai fini della manutenzione del lastrico solare. Pertanto, il tribunale ha condannato la condòmina convenuta a consentire l’accesso al proprio appartamento al tecnico incaricato dal condòminio, con la collaborazione dei propri assistenti e con l’eventuale presenza dell’amministratore condominiale, oltre alla rifusione delle spese processuali e dei danni agli altri due condòmini intervenuti in giudizio.

Tratto da Reti di Giustizia