OPERE PRECARIE: CONTA L’USO E NON LA STRUTTURA

La giurisprudenza ribadisce i criteri per distinguere le opere precarie nell’edilizia libera: prevale la destinazione d’uso, non i materiali o la tecnica costruttiva.

Secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, i criteri per qualificare un manufatto come “precario” e quindi rientrante nell’ambito dell’edilizia libera, non risiede nella struttura fisica dell’opera, bensì nella sua funzione e nella destinazione d’uso.

Il criterio funzionale: la chiave per valutare la precarietà

Secondo la giurisprudenza amministrativa, in particolare il Consiglio di Stato (Sez. VI, sent. n. 2597/2025), la natura precaria di un manufatto non può essere dedotta dai materiali impiegati o dalla tecnica costruttiva. Ciò che rileva è l’uso cui l’opera è destinata: se essa soddisfa esigenze stabili e permanenti, allora non può essere considerata precaria, anche se realizzata con elementi smontabili o leggeri.

La precarietà, quindi, deve essere intrinseca e funzionale, legata a un utilizzo temporaneo, specifico e limitato nel tempo, con la conseguente necessità di rimozione una volta cessata la funzione. Questo principio è stato ribadito anche in relazione a strutture come gazebo per esposizione e tettoie metalliche, che pur essendo smontabili, erano destinate a un uso continuativo e stabile.

Effetti sulla legittimità edilizia e sulle sanzioni

Nel caso esaminato, l’installazione di tali strutture è avvenuta in assenza di titoli abilitativi, in un’area soggetta a vincoli paesaggistici e sismici. Nonostante la presentazione successiva di una istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del DPR 380/2001, la giurisprudenza ha chiarito che tale domanda non incide sulla legittimità dell’ordine di demolizione, ma ne sospende solo temporaneamente gli effetti.

In caso di rigetto della sanatoria, l’ordine di demolizione riacquista piena efficacia, senza necessità di ulteriori provvedimenti. Questo principio è stato confermato da numerose pronunce (Cons. Stato, Sez. VI, n. 536/2025; n. 9110/2024; Sez. VII, n. 4309/2023), che sottolineano la natura doverosa e vincolata del potere repressivo dell’amministrazione.

Il principio di proporzionalità: non applicabile in presenza di vincoli

La parte ricorrente ha invocato il principio di proporzionalità, sostenendo che l’amministrazione avrebbe dovuto valutare l’impatto delle opere nel contesto urbanistico generale, anziché isolatamente. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha respinto tale argomentazione, affermando che in presenza di vincoli paesaggistici e sismici, l’interesse pubblico prevale in modo assoluto, rendendo inapplicabile qualsiasi bilanciamento con l’interesse privato.

Le opere contestate, infatti, sono state ritenute non precarie, in quanto hanno determinato una alterazione apprezzabile dello stato dei luoghi, e la loro realizzazione in assenza di autorizzazioni specifiche ha giustificato pienamente l’ingiunzione demolitoria.

Implicazioni operative per tecnici e amministrazioni

Questa lettura giurisprudenziale ha importanti ricadute pratiche:

  • I tecnici devono valutare non solo la struttura fisica, ma soprattutto la funzione e la durata dell’uso previsto per ogni manufatto.
  • Le amministrazioni possono esercitare il potere repressivo anche in presenza di istanze di sanatoria, senza dover attendere l’esito del procedimento.
  • In aree vincolate, la tutela dell’interesse pubblico è prioritaria, e non ammette deroghe basate su considerazioni di proporzionalità o impatto limitato.

La giurisprudenza conferma un approccio rigoroso e funzionale alla qualificazione delle opere precarie, rafforzando il quadro normativo dell’edilizia libera e chiarendo i limiti entro cui è possibile operare senza titolo abilitativo.

Massima della Sentenza

Consiglio di Stato, sentenza, 28 marzo 2025, n. 2597, sez. VI

Per effetto di quanto disposto dal citato art. 3 del T.U. dell’edilizia, l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper e case mobili, può ritenersi consentita in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, solo ove diretta a soddisfare esigenze meramente temporanee, non determinandosi una trasformazione irreversibile o permanente del territorio su cui insistono; diversamente, l’installazione stabile di mezzi (teoricamente) mobili di pernottamento determina una trasformazione irreversibile o permanente del territorio, con la conseguenza che per tali manufatti, equiparabili alle nuove costruzioni, necessita il permesso di costruire.

Il carattere precario di un manufatto, dunque, deve essere valutato non con riferimento al tipo di materiali utilizzati per la sua realizzazione, ma avendo riguardo all’uso cui lo stesso è destinato.

La precarietà non va, peraltro, confusa con la stagionalità, vale a dire con l’utilizzo annualmente ricorrente della struttura, poiché un utilizzo siffatto non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo.